Sono stati i suoni dei Balcani a concludere l’edizione 2015 del Talos Festival. L’apertura della serata è stata affidata ad Hysni (Niko) Zela & Albanian Iso Poliphonic choir, formazione composta da sette vocalist capaci di trasportare il pubblico in una dimensione affascinante ed inattesa. L’intreccio ritmico proposto dal settetto si è poi fuso con il pianismo del giovane polistrumentista Robert Bisha, albanese anch’egli ma residente in Italia.

A seguire il live set della Fanfara Tirana e poi i Transglobal Underground: l’incontro tra i suoni della tradizionale brass band e l’electro folk dei secondi è risultato azzeccato, amalgamandosi in un suono coeso e ritmico che ha portato ad una conclusione danzante e festaiola del Talos. Anche qust’anno Talos ha espresso i suoi contenuti artistici in due distinte sezioni: una corposa «Anteprima» (30 settembre-7 ottobre) e il Festival Internazionale (8-11 ottobre).

Nella prima parte dedicata alle espressioni artistiche locali, sotto i riflettori gruppi composti per lo più da giovani musicisti, tra cui il combo della ConturBand, banda di strada che fa ben sperare per la genuinità della musica espressa. Nella seconda sezione tra i nomi di rilievo che si sono alternati, si sono messi in luce il duo composto da Sclavis/Rabbia, il solo per contrabbasso ad opera di Barry Guy, il solido quartetto di Pasquale Innarella con il progetto intitolato Uomini di terra. Omaggio a Giuseppe Di Vittorio.

Fra i migliori concerti del Talos, occupa un posto speciale il piano solo di Franco D’Andrea, autore di un set misurato ed elegante, capace di volare tra melodia e ritmo con estrema sapienza. Periodo fertile per il compositore di Merano, il quale di recente ha pubblicato ben tre dischi a suo nome, dal titolo Three Concerts Live at Auditorium Parco della Musica, contenente altrettanti concerti tenuti all’Auditorium romano con tre formazioni diverse: da solo, in trio con Douglas e Bennink, col sestetto: «Sono stati – spiega D’Andrea – il risultato di una ’carta bianca’ che mi è stata data. La mia idea era di fare qualcosa in cui la gente mi sentisse suonare per loro. Accanto a pezzi di Monk e di qualche altro autore, c’è la tutta la mia musica». Di grande impatto anche l’esibizione della MinAfric Orchestra accompagnata dal quartetto vocale delle Faraualla.

L’ensemble capitanato dai due Minafra, Pino e Livio si è mossa tra jazz, sud del mondo e stralci di improvvisazione, con consapevolezza e buon gusto.
Un bilancio finale positivo per la rassegna, che ha rischiato di essere cancellata a causa di difficoltà economiche sopraggiunte durante la fase organizzativa. Grazie ad un coinvolgimento della intera cittadinanza si è riusciti comunque a farla partire, come sottolinea lo stesso Livio Minafra: «Nonostante tutte le difficoltà siamo riusciti ad esserci ancora. Abbiamo creato un entusiasmo operativo che ha coinvolto la popolazione locale, giovani e meno giovani, ristoratori ed albergatori ed associazioni locali che hanno contribuito ognuno a proprio modo. È un contagio sano, che può portare se sviluppato adeguatamente, a trovare risorse ulteriori per il futuro del nostro Festival».