Il duetto tra una teen rock star dei social network e una madre attivista, diretto dall’attore Jesse Eisenberg; un documentario sull’amore pericoloso di una coppia di vulcanologi francesi, uno sulla rivalità tra i pugili messicani Oscar De La Hoya e Julio Cesar Chavez e uno su Lady D tra i film d’apertura del Sundance Film Festival, che, contrariamente a quanto previsto fino a due settimane fa, ieri sera ha inaugurato la sua seconda edizione online. Non «virtuale» ha precisato la direttrice Tabitha Jackson nella conferenza stampa d’apertura della manifestazione, a cui era praticamente impossibile accedere live, ma la cui registrazione è stata inviata via e-mail una volta conclusa, con la richiesta di essere utilizzata solo in audio.

«QUELLO che facciamo non è irreale» ha detto ancora Jackson. «Il nostro è un riunirsi intorno a delle opere nei cui confronti si reagisce emotivamente». Irreale no ma un po’ surreale sicuramente, dato che, per ovviare alla mancanza di immagini, i partecipanti – che includevano la direzione, il gruppo dei programmers e il nuovo Ceo dell’Istituto, Joanna Vicente – hanno esordito illustrando le loro sembianze fisiche e la loro etnia.
Nei prossimi giorni sono attesi al festival, tra gli altri film, una nuova regia di Lena Dunham, un horror ambientato in un college bianco del New England presieduto da Regina Hall, e documentari in lavorazione da anni su Kanye West e Bill Cosby.
Ma, come al solito, gran parte del programma è un’incognita perché tradizionalmente i concorsi (in particolari quelli riservati al cinema Usa) privilegiano autori esordienti o quasi. Composta di circa ottanta lungometraggi, la selezione di quest’anno è ancora inferiore, numericamente parlando, ai programmi pre-covid.

ANCORA prima della cancellazione dell’edizione in presenza, a Park City, un colpo d’occhio alla lista dei titoli rifletteva l’assenza di film indipendenti di altro profilo che si sanno essere finiti, che sono attesi in sala entro le prossime settimane e che normalmente avrebbero riempito l’ampio auditorium dell’Eccles durante il week end, come The Sky Is Everywhere, di Josephine Decker, e The Northman, di Robert Eggers. Assenze, queste, che suggeriscono dubbi a priori, da parte di distributori e compagnie di vendita, nei confronti del possibile ritorno alla normalità di Sundance 2022.

GEOGRAFICAMENTE e metaforicamente collocato dal fondatore, Robert Redford, in un Eden montano (da allora involutosi in un proliferare di seconde mansion e hotel di lusso), nel cuore di un Red State, lontano da tutto e da tutti il festival in presenza 2022, a Park City, è stato vittima involontaria dello scontro cultural-politico tra Stati in cui l’obbligo di vaccini e mascherine rappresentano la normalità (come New York e California, da cui arriva la maggioranza degli ospiti del Sundance) e stati in cui i più rifiutano entrambi, come lo Utah che ospita il festival.

IN UNA SITUAZIONE già precaria (meno sale, meno accrediti messi in vendita, misure straordinarie tra cui il terzo vaccino obbligatorio per entrare in tutte le strutture del festival), Omicron ha dato il colpo di grazia, mettendo in crisi le già stressate strutture sanitarie locali e provocando una cancellazione dell’ultimo minuto che, per molti partecipanti, ha significato perdere le cifre già investite per la permanenza in hotel e appartamenti. «L’aumento dei casi ha avuto un’impennata verticale. Quando abbiamo saputo che il picco sarebbe arrivato proprio durante il festival, non c’è stata altra possibilità».
Omicron ha sintomi meno gravi ma la velocità dei contagi ha creato problemi di staff. «Il municipio di Park City è a corto di personale per i servizi d’emergenza e per gli spazzaneve. Andare avanti sarebbe stato irresponsabile», ha dichiarato Tabitha Jackson a Variety. Tra i numerosi festival online del 2021 Sundance era stato quello con la piattaforma più riuscita e quello di maggior successo.