Carota e bastone. Bastone e carota. Quell’istrione politico che è Michele Emiliano si riprende il centro del palcoscenico della vicenda Ilva con la solita conferenza stampa show.

PRIMA ARRIVA LA «CAROTA», il ramoscello d’ulivo rivolto non al nemico Calenda ma al suo superiore: «Il presidente Gentiloni può contare sulla nostra disponibilità anche nei giorni festivi ad un incontro che possa immediatamente far ripartire il tavolo inopinatamente interrotto il 20 dicembre».

Ha esordito spiegando l’esito della riunione con il sindacato di Taranto Rinaldo Melucci e i rispettivi staff tecnici sul siderurgico di Taranto. «La ragione di questa riunione – ha spiegato Emiliano – era quella di definire una comune strategia. L’esito di questa riunione vogliamo metterlo a conoscenza prima del governo, dell’investitore e dei sindacati e vogliamo che le valutazioni vengano fatte in quell’ambito». «Ci auguriamo – ha aggiunto – che la nostra richiesta di essere ricevuti da presidente del Consiglio, che con grande garbo ci ha richiesto di aderire al suo appello di riapertura della discussione, venga accolta. Siamo pronti a essere ricevuti dal presidente del Consiglio per presentargli il risultato preliminare di questo tavolo».

È LA «TERZIETÀ» DI GENTILONI «l’unica garanzia della buona prosecuzione del lavoro». Emiliano ha aggiunto che nel Dpcm «ci sono moltissimi profili di illegittimità» che «possano essere corretti con un atto giuridicamente rilevante che vincoli governo, Regione, Comune, l’acquirente e i sindacati all’accoglimento, in tutto o in parte, delle osservazioni avanzate da Regione e Comune».

Poi però arriva il bastone e le minacce. Se venerdì la ratifica della rinuncia alla richiesta di sospensiva aveva portato il ministro Calenda a parlare di passo avanti, ieri il presidente della regione Puglia ha ricominciato a minacciare.

SE LE RICHIESTE di regione Puglia e comune di Taranto di modifica al Decreto della presidenza del consiglio dei ministri di settembre che contiene il Piano ambientale dell’Ilva non fossero accolte, «terremo fermo il ricorso e posso garantire che siccome il ricorso è fondato, perché purtroppo le illegittimità in cui il governo è incorso sono tantissime, allora sì, di fronte alla indisponibilità del governo di venire a più miti consigli con il Comune e con la Regione, c’è il rischio che all’Ilva succeda qualcosa».

E per essere ancora più preciso, Emiliano ha spiegato che «le conseguenze negative sull’Ilva non sarebbero colpa di chi ha individuato le illegittimità», ma «di chi ha fatto atti illegittimi». «La Regione – ha concluso – non farà mai un passo indietro facendo uno sconto a chi ha compiuto illegittimità, sacrificando il diritto alla salute dei miei concittadini».

Quanto a una possibile richiesta di accelerare gli interventi di ambientalizzazione, Melucci ha detto che «dalle analisi dei nostri tecnici, dopo il tavolo istituzionale romano, siamo saliti a una quota di migliorie tecnologiche e di tempistica proposte dalla comunità locale, pari quasi al 20% delle potenzialità dell’Aia». «Se alziamo un po’ quella asticella – ha concluso – è più facile per tutti che si chiuda in fretta».

È QUINDI D’ACCIAIO il patto tra il presidente della regione e il sindaco di Taranto. Entrambi del Pd – come in teoria Calenda – danno l’idea di quanto possa essere in difficoltà il partito democratico in una regione cruciale per le prossime politiche del 4 marzo. Anche perché l’altro leader del partito in questa terra è quella Teresa Bellanova anch’essa pienamente della partita Ilva e molto in difficoltà a gestirla.