Nell’Italia che cambia verso c’è stato un momento in cui i diritti civili hanno vissuto un raro momento di gloria. E’ stato quanto Matteo Renzi ha conquistato la segreteria del Pd e temi come unioni civili e cittadinanza per i figli degli immigrati facevano parte del programma del nuovo segretario alla pari, per la prima volta, di tutte le altre riforme. Intendiamoci, nessuno ha mai parlato di matrimoni gay, come quelli che si celebrano in queste ore in Gran Bretagna, ma di un semplice atto di civiltà come il riconoscimento di diritti a persone che si amano, a prescindere che convivano (e che siano etero o gay) o che siano sposate.

Poi Renzi è diventato premier e le priorità sono cambiate. Vuoi mettere? Prima bisogna discutere la legge elettorale, poi l’abolizione delle province e la riforma del Senato, come se due cose alla volta non si potessero fare. Il risultato è che le unioni civili sono rimaste inchiodate, come la cittadinanza, al tavolo in cui da settimane Pd e Ncd fanno finta di discutere, in realtà senza mai fare un passo in avanti. «In questo momento le priorità sono altre», ripetono dal Nazareno, perdendo così l’ennesima occasione.

Le posizioni tra i due schieramenti intanto restano distanti. Il Nuovo centrodestra impone infatti la sua linea al Pd che stranamente su questo temi non cerca maggioranze alternative con Forza Italia che – ex missini a parte – è certamente più laica e disponibile a discutere del partito di Alfano. Il risultato è che non si va da nessuna parte. Il modello proposto da Renzi, che più volte ha detto di guardare al tedesco «civil partnership» che riconosce completa parità di diritti tra coppie etero e gay con l’unione celebrata davanti a un pubblico ufficiale, è troppo avanzato per il Ncd terrorizzato da qualunque cosa assomigli anche lontanamente a un matrimonio gay. Il partito di Alfano punta piuttosto al riconoscimento di diritti individuali come la possibilità di visitare il partner in ospedale in caso di malattia o di subentrare nel contratto di affitto. Insomma, concessioni più che diritti. Una linea che sembra piacere anche dall’Avvenire. «Di matrimoni di serie B che facciano una concorrenza qualitativamente al ribasso al matrimonio non si sente proprio il bisogno e istituirli sarebbe un atto di autolesionismo sociale e civile», scriveva a gennaio il direttore Marco Tarquinio. Per il quale «se proprio si vuol affrontare sul piano normativo la questione ’coppie dello stesso sesso’, si cerchi di individuare una ’via italiana’ costituzionalmente (e umanamente) sviluppata su un chiaro piano non matrimoniale». Il problema è che nessuno in Italia si è mai sognato di chiedere seriamente i matrimoni per i gay, ma continuare ad agitare lo spauracchio dei matrimoni serve a evitare che si arrivi a regolamentare anche le semplici unioni. Proprio quello che succede da anni.

Peccato che intanto, come al solito a dispetto di chi è sempre più realista del re, le cose vanno avanti. Anche dove meno te lo aspetti. E’ di pochi giorni fa, infatti, la notizia che papa Francesco ritiene importante capire perché molti Stati americani stanno legalizzando proprio le nozze gay. A renderlo noto è stato l’arcivescovo di New York, cardinale Timoty Dolan, in un intervista alla Nbc. Certo, questo non vuole dire che il pontefice approvi le unioni tra persone dello stesso stesso, come ha spiegato il cardinale. Vuole però capirne le ragioni «piuttosto – ha spiegato l’alto prelato – che condannare prontamente». E se lo dice il papa…