La capacità negoziale – spesso bulimica – di Bettino Craxi con la Pantera c’entrò qualcosa. Nel sesto Governo Andreotti, entrato in carica il 22 luglio del 1989, il Psi, oltre il Vicepresidente del Consiglio, aveva ben 8 ministri: tra questi, alla guida del Ministero dell’Università e della Ricerca Scientifica, il socialista Ruberti che elaborò un disegno di legge sul riordino dell’istituzione universitaria, che nei mesi successivi diverrà centro della contestazione studentesca. Il testo, poi convertito l’anno seguente in legge, imponeva il principio cardine dell’autonomia finanziaria e contabile: gli Atenei dovevano cavarsela economicamente da soli ma avrebbero potuto finanziare le proprie attività e i propri istituti anche con i «contributi» dei privati o con sponsorizzazioni.

C’era in quella riforma l’elogio del tempo nuovo liberista, rampante cinico e vincente che il Psi dell’epoca ambiva d’intestarsi, nel vano tentativo di piegarlo al primato della politica, chiudendo simbolicamente il decennio della controrivoluzione capitalista facendo lo scalpo alla Cultura. O almeno così pareva a molti di noi.

IL 6 DICEMBRE DEL 1989 l’occupazione della Facoltà di Lettere di Palermo segnò l’inizio del rifiuto a farsi scotennare impunemente da parte di un’intera generazione. Prima di Natale seguirono le occupazioni di quasi tutte le altre facoltà palermitane. Uno strano ticchettio cominciava a battere dentro e contro il tempo nuovo.

A Roma intanto iniziava a muoversi qualcosa di nuovo dentro l’università: alla fine di ottobre nella Prima Università a Lettere si era costituito il «comitato studenti stanchi» per il diritto allo studio, anche in altre facoltà, mettendo di fatto da parte la logica degli intergruppi, si svolgevano assemblee sempre più partecipate, tutte iniziative aperte al malessere diffuso per l’inesorabile destrutturazione dell’università di massa, cronicizzata dalla mancanza di servizi.

DIGERITO IL NATALE e, soprattutto, tornati i fuorisede, Roma partì il 12 gennaio con l’occupazione di Psicologia. Ma fu il15 gennaio – con un’assemblea di 600 persone che «prese» Lettere – il momento della scintilla nazionale: nel giro di due settimane, alla quasi totalità delle facoltà romane si aggiunsero quelle di Camerino, Napoli, Venezia, Urbino, Genova, Bari, Torino e tante altre. Roma viveva con forza anche fuori della città universitaria con Architettura, Lingue e Filosofia a Villa Mirafiori, Psicologia e persino Ingegneria che occuparono le sedi universitarie.

A fine gennaio si contavano quasi 120 facoltà occupate in tutta Italia, con l’identità minima di movimento definita dalla «trinità»: «pacifico, democratico, antifascista».

Il nome del movimento venne dalla cronaca: ci fu un avvistamento di una pantera nera libera nei dintorni di Roma sulla Via Nomentana, la cosa fece un minimo di scalpore e intervenne sui giornali anche Nando Orfei, domatore dell’omonimo circo, che si offrì per cercarla.

A due pubblicitari, vicini alle mobilitazioni (tra cui l’art director, oggi, della campagna io rompo Fabio Ferri, ndr), sembrò semplice il gancio e coniare lo slogan «la Pantera siamo noi!» con la storica icona delle Black Panthers afroamericane.

INTANTO A ROMA i numeri crescevano fino al punto in cui un’assemblea di ateneo riuscì a contare quattromila persone. Seguì a giorni un corteo circense, festoso e in maschera che attraversò tutto l’ateneo in una coreografia che portava in piazza di giorno la creatività emergente delle feste notturne. Incominciava infatti a riversarsi nella cittadella occupata una soggettività metropolitana extra universitaria che palesava un radicale bisogno di socialità nelle notti della Pantera.

Il 3 Febbraio il corteo nazionale portò a Roma migliaia di liceali ed universitari che conclusero la manifestazione a Piazza del Popolo, qui «l’assalto» al palco, da parte dell’Onda Rossa Posse, per cantare il rap con «Batti il tuo tempo», apriva la lunga stagione del connubio tra musica e spazi sociali.

Ma poco dopo qualcosa s’inceppò e si aprirono aspre discussioni sul mettere fine alle occupazioni e continuare la lotta in altre forme. Le sabbie mobili furono poi definitive con l’indizione da parte della Rete delle Facoltà più moderate di un’assemblea nazionale a Firenze.

Una lunga e immensa macchina burocratica che oltre a durare una settimana (dal 26 febbraio al 9 marzo) non produsse quasi nulla se non tonnellate di documenti su di un ipotetico privato controllato. Ma questo avvenne pure perché non ci fu la forza politica per boicottarla o stravolgerla; chi si oppose lo fece in ordine sparso.

L’unico e ultimo appuntamento unitario fu lanciato per il 17 marzo a Napoli, sotto la pioggia con un percorso lunghissimo, si ritrovarono 100mila studenti provenienti da tutta Italia. Dal giorno dopo ogni facoltà, gradualmente, incominciò a disoccupare segnando il finale di quella stagione.

CHI ERA LA PANTERA? Le anime politiche principali, quelle precostituite, furono quelle dell’area dei centri sociali e quelle legate al Partito comunista italiano; a Roma fu particolarmente cospicua la componente trotzkista di Democrazia Proletaria.

Ma appariva chiaro allora che la maggioranza era costituita da «cani sciolti». Lungi dall’essere accessori e massa di manovra, i cani sciolti furono in qualche modo il corpo e la testa stessa della Pantera. Le occupazioni e la vita sociale che lì si produceva furono il clinamen, il momento dello scarto in cui una generazione atomizzata andava trovando il profilo della propria identità comune, dentro e contro il tempo nuovo: non per caso «la Pantera siamo noi ma chi cazzo siete voi» fu lo slogan di gran lunga più scandito.

Facemmo l’esperienza di avere un’alta attenzione mediatica e iniziammo a pensare come fosse possibile gestirla, senza avere alcun manuale d’istruzione di riferimento.

L’IDEA ERA QUELLA di poter controllare l’informazione «amica», condizionata dal sostegno iniziale al Movimento dei giornali progressisti (il manifesto fra tutti ne fu megafono entusiasta) e della Terza Rete della Rai, mentre ci si negava ai media ostili, su tutti quelli delle Reti Fininvest.

La diretta di «Samarcanda», condotta da Michele Santoro, dall’aula 1 di Lettere segnò – oltre all’inizio di un format giornalistico – un’eco incredibile a favore degli studenti.

La grammatica della nostra rivolta era segnata da una consapevolezza difensiva, l’idea che avremmo dovuto fare baluardo agli attacchi presenti e futuri, alle conquiste sociali dei due decenni precedenti e da una consapevolezza offensiva, accanto a una ricerca affannosa di strumenti di decodifica delle accelerazioni politiche del tempo nuovo. Era la scoperta di essere forti, e di essere un Noi, e che quel Noi – con quella forza – si poteva riappropriare del senso della possibilità di una trasformazione radicale dell’esistente.

La Pantera era la scoperta che anche nel tempo nuovo, quello del cinismo e del disincanto, la politica era possibile, a patto d’inventare di nuovo nel movimento una politica tutta nostra, senza chiedere al «’77 come si fa» o rivolgersi più indietro al repertorio precostituito del movimento operaio.

Di non guardare a ritroso ci venne spontaneo e lo facemmo senza spocchia e con leggerezza, d’altronde, dopo che santa madre la rivoluzione russa era finita… e sorbitoci un decennio di Thatcher, Reagan e Drive In, «ma che dovevamo fa’»?

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Oggi e domani a Roma il convegno e la festa

Al trentennale del movimento della Pantera è dedicata una prima iniziativa, articolata in due giornate, in programma da questo pomeriggio a Roma.

Oggi, a partire dalle 14, presso la facoltà di Lettere della Sapienza (piazzale Aldo Moro 5) si terrà il convegno «Il movimento studentesco del 1990. Storia, memoria» a cui partecipano Maria Pia Donato, Marica Tolomelli, Luca Falciola, Gregorio Sorgonà, Ermanno Taviani.

A seguire, alle 16,45 e alle 17,45 altri due momenti di dibattito, rispettivamente sul tema della «Questione universitaria» e «Un movimento, tanti movimenti» con , tra gli altri, Francesco Sylos Labini, Giancarlo Schirru, Emma Schiavon e Simona Feci.

Domani, invece dalle 12 alle 24, si terrà alla Città dell’Altra Economia, nell’ex Mattatoio di Testaccio, un forum, che poi diventerà una festa concerto e dj set con Assalti Frontali e Toretta Stile.