Ad una settimana dai fatti di Casal Bruciato si continua a discutere dei criteri dell’assegnazione di case popolari e dell’integrazione dei rom provenienti dai campi etnici che il comune vorrebbe chiudere. Già all’indomani delle contestazioni di CasaPound contro il trasferimento della famiglia Omerovic nel palazzo di via Satta, si era aperta la questione dei bandi sulle case e i regolamenti che li disciplinano. Finora erano due le norme contestate, considerate «sbilanciate» verso le famiglie rom che da anni cercano di abbandonare le baraccopoli e per questo messe in discussione: quella che privilegia i nuclei familiari con un alto numero di componenti e quella relativa al punteggio extra assegnato a chi proviene da alloggi considerati inadeguati.

Dal dipartimento delle politiche abitative del comune di Roma, dove pure si difendeva a spada tratta l’assegnazione contestata dagli xenofobi, trapelavano voci circa l’individuazione di modifiche che «bilanciassero» l’influenza di certe variabili sulla composizione delle graduatorie. Il che metterebbe a rischio la complessa opera di superamento degli accampamenti in favore di una soluzione abitativa a norma di legge.

In questo contesto arriva l’indicazione in controtendenza, proveniente dall’Unione europea, che già in passato aveva più volte bacchettato l’Italia sulla gestione della questione rom. La legge della Regione Lazio del 1999 sulle case popolari risulterebbe «discriminatoria nei confronti delle popolazioni rom» secondo la Commissione europea. Che a questo proposito in passato ha avviato, e concluso, una procedura di pre-infrazione. Lo ha annunciato Alessandra Sartore, assessora regionale al bilancio: «La Commissione europea ha chiesto informazioni in tema di assegnazione di alloggi popolari. Le popolazioni rom – ha spiegato Sartore -. Sarebbero discriminate essendo richiesti requisiti quali la residenza e lo sfratto che, per la loro situazione di fatto, non sono in grado di dimostrare». La cosa sarebbe in contrasto con la direttiva europea che rimanda al «principio della parità di trattamento fra le persone indipendentemente dalla razza e dall’origine etnica». Dunque, secondo gli standard Ue non solo non ci sarebbe nessuna norma che favorisce i rom nell’assegnazione di case popolari ma addirittura questi sarebbero ancora penalizzati rispetto agli altri cittadini.La notizia piomba nel dibattito acceso della campagna elettorale. Il ministro dell’interno Matteo Salvini attacca: che la Commissione insista per l’assegnazione delle case ai rom, dice «è una follia: l’ennesima ragione per votare Lega». Concetto che ribadisce parlando in piazza nel paesello ciociaro di Veroli, in provincia di Frosinone: «Siamo discriminatori nei confronti dei rom? – ha esclamato -. Per me vengono prima gli italiani, poi il resto del mondo». Toni analoghi, con tanto di invito al voto per la sua compagine per arginare i diktat europei, arrivano da Giorgia Meloni. Il consigliere in regione Lazio di Fratelli d’Italia Fabrizio Ghera, apparso molto attivo in questi giorni di assedi a famiglie legittime assegnatarie, parla di: «sovranità al contrario».

Sempre ieri, Salvini ha riferito alla camera sulle proteste xenofobe di Casal Bruciato e sulle polemiche circa la tolleranza riservata dai responsabili dell’ordine pubblico nei confronti delle formazioni neofasciste. L’interrogazione arrivava dal deputato radicale di +Europa Riccardo Magi, che ha puntato l’obiettivo proprio sulla natura mediatica del tumulto xenofobo messo in scena da CasaPound al Tiburtino. «Non è possibile allestire set televisivi che consentano di mandare in onda per 48 ore un corpo a corpo tra chi manda insulti razziali o minacce di morte e i legittimi assegnatari di un appartamento, queste attività vanno impedite», ha detto Magi. Il ministro, apparso sulla difensiva, ha confermato quanto anticipato dalla questura di Roma dopo gli esposti di sindacati e associazioni e movimenti sullo spazio dai ai neofascisti: «Ci sono diciassette persone deferite dai carabinieri per resistenza a pubblico ufficiale e altri reati», ha comunicato Salvini. Le forze dell’ordine, ha assicurato, «operano per garantire i diritti delle persone minacciate e prevenire disordini. Nessun tipo di violenza sarà mai tollerata».