Il sorriso stampato sul volto di Benyamin Netanyahu, l’altra sera alla Casa Bianca, raccontava tutta la soddisfazione del premier israeliano. Non erano i Territori occupati palestinesi l’argomento delle risposte date da Barack Obama ai giornalisti al termine dell’incontro con Netanyahu ma l’Ucraina, la frattura diplomatica con la Russia, il pericolo di una escalation militare in Crimea. Puro relax per il primo ministro israeliano. Eppure la crisi in Ucraina potrebbe presto avere ricadute importanti in Medio Oriente. Non tanto per questione israelo-palestinese, quanto per la guerra civile siriana. E’ fantascienza immaginare, dopo il duro scontro sull’Ucraina, che Washington e Mosca possano in breve tempo ritrovarsi faccia a faccia, in armonia, per organizzare una nuova conferenza, “Ginevra 3”, con l’obiettivo di riportare il governo di Bashar Assad e l’opposizione siriana a un tavolo di trattativa. La prospettiva, piuttosto, è quella che Usa e Russia spostino il loro confronto a distanza sul campo di battaglia siriano, incoraggiando, con nuovi e più ingenti rifornimenti di armi, i rispettivi alleati, dentro e fuori la Siria, non a ricercare soluzioni politiche di compromesso bensì a dare il massimo per vincere la guerra.

L’analista Olena Bagno-Moldavsky, esperta della politica di Mosca in Medio Oriente, è cauta sulle mosse che la Russia e gli Stati Uniti potrebbero muovere nell’immediato. «Tuttavia – ci spiega – una escalation in Ucraina finirebbe per spingere le due parti a colpire gli interessi dell’avversario in altri scenari di crisi, senza vederle coinvolte sul terreno». Bagno-Moldavsky esclude che Mosca possa impegnare sue truppe per proteggere la sua unica base navale nel Mediterraneo, a Tartus, in Siria, così come sta facendo in Crimea. «(Il presidente Vladimir) Putin- dice l’analista – sa che l’Ucraina e la Siria sono contesti diversi e per ora è convinto che l’impegno del suo Paese nella regione mediorientale non debba andare oltre l’azione protettiva che già svolge alle Nazioni Unite a favore del suo alleato Bashar Assad e la fornitura di aiuti». Allo stesso tempo, aggiunge Bagno Moldavsky, «Mosca considera di eccezionale importanza i suoi interessi strategici in Medio Oriente e non è disposta a a farsi da parte senza agre, quindi aiuterà in modo sempre più visibile i suoi alleati». Gli Usa non stanno certo a guardare e il loro impegno “segreto” per armare le formazioni armate anti-Damasco dovrebbe ulteriomente crescere nel prossimo futuro.

Sarebbero state proprio le forniture di armi pesanti, pagate dall’Arabia saudita alleata di ferro di Washington, a consentire negli ultimi tre-quattro mesi la preparazione della grande offensiva in direzione di Damasco che è sul punto di lanciare l’“Alleanza Meridionale” (AM), un raggruppamento di una cinquantina di formazioni armate, non poche delle quali jihadiste, come il potente dal “Fronte islamico”, sorto alla fine dello scorso anno proprio per volontà di Riyadh. Forte di circa 60 mila uomini, comandata da Bashar al-Zoubi, leader della Brigata Yarmouk che mantiene stretti legami con il Fronte al Nusra (al Qaeda in Siria), l’AM ha già strappato all’Esercito diverse posizioni intorno a Deraa e Quneitra, a ridosso delle Alture del Golan occupate da Israele, approfittando anche della scarsa partecipazione dei combattenti libanesi di Hezbollah, alleato di Damasco, alle operazioni militari in queste regioni della Siria. Da qui i comandi dell’AM contano di avanzare verso Damasco che dista poche decine di km. Secondo quanto riporta la stampa araba, l’impegno americano e saudita a sostegno di questa campagna militare si starebbe facendo massiccio.

L’imminenza dell’offensiva delle forze ribelli e jihadiste, ha costretto l’Esercito governativo siriano a spostare verso sud uomini e risorse sottraendoli alla battaglia in corso per la conquista di Yabroud, l’ultima roccaforte dei ribelli nella regione strategica di Qalamoun. Spostamenti che stanno ritardando la conclusione dell’offensiva governativa in una regione di vitale importanza per riaprire i collegamenti tra Damasco e la costa mediterranea e interrompere le vie di rifornimento per le forze ribelli. Ieri comunque i governativi hanno conquistato Sahel, un villaggio a 2 km da Yabroud e ora spingono verso Flita, l’unico punto di uscita per jihadisti e ribelli in direzione di Arsal, città sunnita in territorio libanese.

Intanto ieri il più famoso regista siriano, Mohammed Malas è stato arrestato dall’intelligence mentre stava per attraversare il confine con il Libano, da dove sarebbe dovuto partire per la Svizzera, per partecipare a un festival. Malas nella sua carriera ha vinto numerosi premi arabi e internazionali. Il suo film “The Night” è stato scelto tra i primi 10 film arabi di tutti i tempi secondo una classifica fatta dal quotidiano britannico The Guardian.