Questa volta è Conte a far ballare il governo. Interviene per il secondo giorno consecutivo sulla giustizia, materia che sempre più divide i 5 stelle dal resto della maggioranza. E soprattutto dal partito democratico. Conte vorrebbe abbassare i toni e riconosce al Pd che «c’è la necessità di garantire il vincolo costituzionale della ragionevole durata del processo». Ma in sostanza conferma che «la norma per cui dal primo gennaio 2020 la prescrizione viene meno dopo la sentenza di primo grado è giusta». Proprio quello che il Pd non intende accettare. E se lunedì, davanti ad analoghe dichiarazioni del presidente del Consiglio, il partito di Zingaretti aveva fischiettato, sperando che Conte potesse rientrare nel suo ruolo di mediatore tra le parti, ieri ha deciso di reagire. Con l’unica attenzione di prendersela con Di Maio, che nel frattempo rivendicava la linea 5 Stelle, o con il ministro della giustizia Bonafede, e non ancora con Conte. «Di Maio si tolga dalla testa di dettare l’agenda», dice il capogruppo al senato Marcucci. «Le garanzie proposte da Bonafede per assicurare processi rapidi non bastano», aggiunge Michele Bordo, negoziatore per conto dei dem.

«Le parole di Conte restringono il campo», ragiona invece il capogruppo del Pd in commissione giustizia, Alfredo Bazoli. «Adesso l’unico punto di caduta può essere l’introduzione di termini di durata massima per il processo d’appello, eventualmente con una riduzione della pena in caso di durata intollerabile». Cioè la proposta che il Pd ha portato all’ultimo vertice notturno a palazzo Chigi, fallito e non riconvocato.

Il problema è che dal prossimo primo gennaio entrerà in vigore il blocco della prescrizione dopo la sentenza di primo grado. I processi, che oggi nelle aule di tribunale hanno i ritmi scanditi dai tempi della prescrizione, si avviano a diventare eterni. Per tutti, anche per i presunti innocenti. Approvando la legge anticorruzione, Lega e 5 Stelle avevano deciso di rinviare di 12 mesi l’applicazione della riforma della prescrizione per provvedere nel frattempo a norme in grado di velocizzare le udienze. La famosa riforma del codice di procedura penale ancora ferma al palo. Per questo, spiega Bordo, «se lo stesso Bonafede afferma che il nuovo processo scongiurerà la prescrizione, per quale ragione teme il suo rinvio?». Spostare di sei mesi l’applicazione della riforma è la prima richiesta del Pd. Respinta, adesso, anche da Conte.

«Il Pd – chiarisce però Bazoli – non si sente per nulla vincolato dalla norma introdotta da 5 Stelle e Lega durante il precedente governo. Bonafede ci accusa di sabotare il governo, ma la responsabilità politica di una rottura è tutta sua e di chi non si preoccupa di ascoltare le ragioni della maggioranza». Anche il rappresentante dei renziani Librandi definisce l’uscita di Conte «affrettata e imprudente». E pronostica che «in parlamento troveranno la contrarietà di tanti, non passeranno». L’incidente parlamentare sulla prescrizione in effetti è dietro l’angolo. Non la prossima settimana, come si augura il deputato di Forza Italia Costa che ha presentato un mini disegno di legge che cancella le nuove norme sulla prescrizione, e che chiede di metterlo ai voti con urgenza. Il Pd infatti si opporrà a questa richiesta, con la semplice argomentazione che, trattandosi di una prima lettura, il dl Costa non servirebbe in alcun caso a fermare la riforma entro il primo gennaio. Ma in ogni caso il provvedimento andrà votato in commissione prima di Natale e in assenza di accordo la maggioranza è destinata a dividersi.

Nel merito Pd e M5S sono agli antipodi. Se Bonafede e Di Maio insistono a dire che la cancellazione della prescrizione dopo il primo grado è niente di meno che «una conquista di civiltà», il Pd condivide le analisi che gli avvocati penalisti ripeteranno oggi in commissione giustizia, durante un’audizione proprio sul disegno di legge Costa. Orlando, vice segretario del Pd e da ex ministro della giustizia autore di un nuovo regime della prescrizione che grillini e Lega hanno immediatamente cancellato, prova a tenere un canale aperto: «Sono d’accordo con Conte, il problema è trovare un bilanciamento nell’ambito del processo. Al momento però le soluzioni prospettate non sono adeguate». La minaccia di votare con il centrodestra è sul tavolo.