Molti dei nodi politici del momento per il M5S sono arrivati tutti nella serata di ieri. Mentre Luigi Di Maio incontrava i grillini di Emilia Romagna e Calabria per sciogliere la questione delle prossime regionali e delle alleanze, i gruppi parlamentari provavano ad uscire dall’impasse in cui si sono ficcati, nell’impossibilità di raggiungere il quorum della maggioranza assoluta richiesto dall’attuale statuto per eleggere i capigruppo.

Alla camera, dove c’è stato persino un «appello alla responsabilità» rivolto dal ministro dei rapporti col parlamento ai suoi colleghi perché vengano a capo della situazione, si arriva a ipotizzare di cambiare lo statuto per abbassare la soglia e sbloccare lo stallo. In contemporanea al senato si incontrano gli eletti, ed è in questo ramo del parlamento che la maggioranza ha margini più stretti e che il dissenso che si coagula attorno a Gianluigi Paragone e Barbara Lezzi potrebbe farsi sentire. Non sono solo i nostalgici dell’accordo con la Lega a pungere. Ancora ieri Matteo Mantero, senatore tra i pochi a dissentire ai tempi della maggioranza gialloverde e molto attivo sui diritti civili, ha mandato messaggi di sfiducia a Di Maio e ribadito la sua contrarietà a ogni accordo col Pd per la sua regione, la Liguria, dove si voterà l’anno prossimo.

Ma prima bisogna pensare ad Emilia Romagna e Calabria. È in Emilia che il grillismo ha conosciuto le prime epurazioni di massa, nella fase in cui aveva bisogno di mostrarsi completamente alieno alle logiche del centrosinistra un certo attivismo civico che era sbarcato nei MeetUp non faceva comodo. Ci fu la cacciata clamorosa del primo sindaco di rilievo, Federico Pizzarotti a Parma, e la fulminante scalata interna di Max Bugani, che due volte ha fallito la corsa a sindaco di Bologna ma lavora accanto a Davide Casaleggio e, da poche settimane, da braccio destro di Virginia Raggi. Adesso arriva l’addio ai 5 Stelle di Manuela Sangiorgi, che solo diciotto mesi fa era stata eletta sindaca di Imola. «Il M5S non esiste più – dice Sangiorgi – È morto da quando è morto Casaleggio».

La sindaca annuncia le dimissioni pur di rifiutare ogni appoggio dal Pd, dice, ma la maggioranza che la sostiene è divisa da conflitti interni fin dal giorno dopo la conquista del municipio. Adesso, soprattutto dopo la debacle umbra, pare davvero difficile che alle urne del 26 gennaio M5S possa sostenere il presidente uscente del Pd Stefano Bonaccini. Ma il governo non sopravviverebbe ad una sconfitta del Pd nella storica Emilia. Così, se dai parlamentari arriva l’indicazione di correre senza altri partiti «valutando solo alleanze con liste civiche», dice la 5S Spadoni al termine dell’incontro con il «capo politico», Di Maio non esclude l’ipotesi di non presentarsi affatto alle elezioni: sarebbe una forma estrema di desistenza che lascerebbe la bocca amara in molti, a partire dai quattro consiglieri uscenti.

Lo scenario in Calabria è diverso. Qui il M5S ha preso tantissimi voti alle politiche e alle europee e raccolto risultati particolarmente deludenti alle amministrative e alle regionali. Il Pd ha scaricato il presidente uscente, Mario Oliverio, che però ha annunciato di volersi candidare lo stesso. Zingaretti sarebbe pronto a consegnare la primazia al M5S. Si era fatto il nome di Pippo Callipo, imprenditore del tonno in scatola dalla cui scuderia proviene la sottosegretaria grillina alla cultura Anna Laura Orrico, unico membro calabrese del governo. Callipo ha già corso per la presidenza della regione nel 2010 e il suo ripescaggio difficilmente potrebbe arrivare da una candidatura in solitaria del M5S.

Ci sarebbe poi il prefetto di Vibo Valentia che viene dalla squadra mobile di Palermo Giuseppe Gualtieri: ieri Di Maio, ospite da Maurizio Costanzo, ha escluso alleanze con partiti alle regioni e rivelato che già da bambino coltivava ambizioni law and order: «Da grande volevo fare il poliziotto», ha detto. Si è autocandidata anche la deputata di Tropea Dalila Nesci. Cosentino di adozione e di collegio elettorale è il presidente della commissione antimafia Nicola Morra, che non ha mai manifestato entusiasmo per l’intesa col Pd. «Dobbiamo rappresentare la parte sana e silenziosa di questa terra – scrive Morra in un lungo messaggio – Io sono ancora disponibile a dedicare i mesi che seguiranno a questo obiettivo». Se non è un passo avanti poco ci manca.