Fiducia sul dl Imprese alla Camera, sul dl Scuola, quasi certamente, al Senato. Nulla d’imprevisto: l’annuncio del ministro D’Incà sulla fiducia anche sul dl che dovrebbe garantire liquidità alle imprese era atteso e già considerato certo. L’opposizione tuttavia protesta e strepita e stavolta non è solo gioco delle parti.

L’abuso del voto di fiducia, questo è il sedicesimo chiesto dal governo Conte, non è certo un’innovazione di questo governo. Lo svuotamento di fatto delle prerogative del Parlamento grazie all’accoppiata decretazione d’urgenza-voto di fiducia è una pessima abitudine che mina le basi della democrazia parlamentare ma al quale non si sottrae nessuno.

In questo caso però la sceneggiata che impone a chi sta all’opposizione di tuonare contro i voti di fiducia per poi farvi ricorso a man bassa una volta al governo si presenta con tratti diversi dal solito. In generale perché l’emergenza Coronavirus ha determinato uno slittamento ancor più drastico del solito dei poteri legislativi dalle Camere al governo e spesso direttamente a palazzo Chigi. La protesta contro l’ennesima fiducia ha dunque anche il senso di chiedere il ripristino se non della centralità del Parlamento, da lungo tempo cancellata nei fatti, almeno di un ruolo dello stesso, totalmente travolto causa Covid-19 e non ancora ripristinato.

Nel particolare, però, il fragore sollevato sul dl Imprese equivale a un mettere le mani avanti in vista della conversione del dl Liquidità. L’importanza di un dl da 55 mld, pari a due finanziarie abbondanti, è evidente. L’opposizione, ma anche la stessa maggioranza, teme che il governo mediti il blitz anche lì e sarebbe davvero clamoroso.
Protestare contro la fiducia sul dl Imprese è un semaforo rosso in vista del vero piatto forte: le modifiche al decretone Rilancio.