«Mo cosa vuole che possiam votare? Veda ben quante facce colorate…», sospira sconsolata una delle due minute signore imbacuccate appena sedute sul regionale per Vignola in partenza dal piazzale ovest della stazione centrale di Bologna. L’Emilia Romagna è la regione con la maggior incidenza di cittadini stranieri: il 12,3% (rispetto all’8,5 di media nazionale), praticamente uno su otto. Che diventano molti di più sui mezzi del trasposto pubblico locale. Dove il mero colpo d’occhio diventa motivo di richiamo e rimando ai più triti – eppur statisticamente infondati – allarmismi, amplificati dai media, spesso accompagnati dall’equazione immigrazione uguale criminalità. Basti pensare all’incessante grancassa in tema di furti e rapine, con conseguente invocazione del diritto alla legittima difesa a mano armata, quando il Viminale attesta una riduzione del 20,9% delle rapine, del 19,3 degli scippi, del 18,8 dei furti nelle abitazioni. È altresì vero che, in tale contesto di decremento dei reati, a detta dell’Istat l’Emilia Romagna detiene il primato dei furti in casa (2,9%) davanti a Toscana (2,6) e Veneto (2,5).

LA FOBIA SECURITARIA è uno, se non il primo, degli argomenti cruciali non tanto dell’amministrazione regionale quanto della campagna elettorale. «Due anni fa son entrati in casa di mia sorella e si son presi tutto – si rammarica la signora imbacuccata – Tutti i gioielli di famiglia, i ricordi di una vita. Lei se n’è fatta una malattia». Ambedue pensionate, una argentata, l’altra ramata, le due amiche di ritorno a Zola Predosa (19 mila anime ininterrottamente amministrate dalla sinistra a una quindicina di chilometri e una quarantina di minuti di treno dal centro di Bologna) non giungono però alla stessa conclusione sul voto. Certo, «Salvini dice bene sull’immigrazione, la sicurezza e anche la famiglia – sancisce l’altra – Ma io quello non lo voto: perché non mi fido mica di quella Borgonzoni là». Piuttosto la signora si augura che la campagna del leader leghista «faccia capire alla sinistra che deve impegnarsi di più sulla sicurezza e anche sui valori della famiglia».

PROPRIO QUEL CHE occorreva a far rompere gli indugi a una delle due universitarie che, sedute sull’altro lato del corridoio, ogni tanto levan gli occhi dai cellulari sollevando il sopracciglio. Probabilmente portavoce di un’opinione condivisa, la più solerte delle due si dichiara infatti «orgogliosa» d’esser cittadina di una delle regioni più lgbt friendly, dove «proprio l’estate scorsa – si compiace – è stata approvata una legge contro le discriminazioni e le violenze in tema di orientamento sessuale o identità di genere». Legge in vero assai sofferta, specialmente dal Pd e la sua componente cattolica, e giunta perciò al traguardo in una formulazione edulcorata che «riconosce» e non «garantisce» i diritti, escludendo dal finanziamento chi promuova la maternità surrogata. «Se vince la Borgonzoni ci riportano al medioevo», sancisce la studentessa diretta a Savignano (quasi 18 mila abitanti, di cui il 14,7 per cento stranieri, dove l’amministrazione di sinistra è stata riconfermata giusto nel maggio scorso). «La mia famiglia ha una piccola azienda agricola – vince infine la timidezza l’amica – Se non ci fossero gli immigrati che lavorano non sapremmo come fare».

QUALCHE GIORNO DOPO, di buon mattino non è facile interloquire con pendolari e viaggiatori, tanti italiani quanti stranieri, che sfogliano il giornale, leggono il telefono, chattano, ripassano, ascoltano musica e (perlopiù) sonnecchiano a bordo delle vetture in viaggio attraverso i 99 chilometri, le 47 gallerie, i 35 tra ponti e viadotti della storica ferrovia porrettana che collega Pistoia a Bologna: una delle primissime grandi opere ingegneristiche dell’Italia unita inaugurata da Vittorio Emanuele II nel 1864, nonché primo (e unico, fino al completamento della direttissima nel 1934) valico appenninico ancor oggi in gran parte a binario unico. Prende il nome da Porretta Terme e transita per Vergato, Marzabotto, Sasso Marconi, Casalecchio.

A MARZABOTTO LA SINISTRA ha immancabilmente stracciato le destre con oltre il 70 per cento. Fan tuttavia un po’ specie i 9 voti di Forza nuova e 5 di Casa Pound (oltre al 26% della Lega) del voto europeo nella località vittima della scia di eccidi perpetrati nell’estate 1944 dal passaggio attraverso le Apuane e l’appennino tosco-emiliano del 16° battaglione waffen SS comandato dal boia Walter Reder. Vergato, invece, è per l’appunto uno dei piccoli comuni appenninici passati alla destra nel voto di maggio; con la Lega che nell’urna europea ha raccolto oltre il 37% (più il 7,5 di Fi e il 5 di Fd’I) contro il 27 del Pd, il 12 dei 5 Stelle e qualche spicciolo per altre liste più o meno di sinistra. E non è peregrino ipotizzare un nesso con la rilevante presenza di stranieri, che ammonta a oltre 1.100 persone su 7.700 (14,8%), una delle più dense della provincia di Bologna.

«IL FATTO È CHE NON SI VOTA più sui contenuti e i programmi delle amministrazioni, si rammarica una signora dal caschetto corvino con indosso un piumino bordeaux e in mente «trentasei anni di militanza» nella locale sezione del partito: cioè da quando ancora si chiamava comunista. «Ormai è da un po’ che si vota con la pancia – rileva – Prima per Grillo, ora per la Lega. Ma anche contro Salvini si vota con la pancia invece di usare la testa». Saggezza montanara. E basta scalar pochi posti per trovar conferma. «Io lavoro nell’immobiliare e quest’anno son stato negli Usa», interrompe la lettura del Sole24ore un signore dalla testa rasata e la barba canuta che quasi assomiglia a Bonaccini. «Beati loro che non devono averci a che fare coi comunisti», interviene petulante il suo vicino. «Là un collega mi ha spiegato che non esiste il problema dei furti in casa – prosegue l’immobiliarista – perché i cittadini hanno diritto di difendere con le armi la propria privata abitazione da ogni violazione». Alè.

DUE «MURATORI» di origine marocchina in Italia da una decina d’anni ammettono il loro recente, e un po’ smarrito, allarme per come il clima vien invelenendosi. Perché finora «siamo sempre stati bene, senza problemi – riferiscono – Abbiamo trovato presto lavoro fisso e fatto venire le famiglie». Non sorprenda tuttavia che sin nelle comunità straniere ci sia chi, come una robusta collaboratrice domestica romena dai capelli carota salita a Casalecchio, sostiene che «ha ragione Salvini» a voler impedire gli sbarchi: perché «questi vengono a far nulla, mentre noi siam qui da anni a lavorare».

«Salvini mai!», taglia corto lo spazientito impiegato di una ditta di trasporti. «Ma mi sarebbe piaciuto che Bonaccini avesse detto e fatto qualcosa di sinistra – prosegue – per confutare d’essere il governatore dalla parte delle banche, degli interessi padronali e i poteri forti come continua a ripetere quello là». Con tanta insistenza e tanta poca resilienza che qualcuno ha finito per crederci.