Ieri siamo andati in biblioteca per la gara di lettura con le altre classi seconde del nostro istituto comprensivo. Mi spiegate come funzionava la gara e se vi è piaciuta?
«A me sì. Molto». «Funzionava che prima bisognava aver letto dei libri, dopo Alessandra ci faceva delle domande sui libri che avevamo letto e chi rispondeva giusto, le classi che rispondevano esatto, vincevano dei punti». «Due punti per ogni risposta esatta». «Noi siamo arrivati primi. Insieme a un’altra classe di seconda di Sant’Ilario». «Io in quella classe conoscevo dei bambini che poi erano stati anche all’asilo con me». «Anche io, dei bambini che vengono a calcio con me». «si doveva rispondere sui personaggi dei libri, sui titoli dei libri, sulle figure oppure sul luogo. Il luogo dove si svolgevano le storie raccontate sui libri». «Chi aveva letto più libri sapeva più risposte. Però doveva averli letti bene, non male. Altrimenti, anche se li aveva letti, non si ricordava le risposte giuste». «Io ho risposto a un sacco di domande». «Però prima di rispondere bisognava confrontarsi».

Ecco, spiegatemi bene questa cosa…
«La gara non era uno da solo, la gara era a gruppi, a squadre, ogni classe era una squadra». «Noi avevamo fatto le bandiere e gli striscioni per fare il tifo a noi, cioè alla nostra squadra». «il nostro simbolo era una matita con due croci perché noi siamo in seconda. Poi c’era anche scritto Italo Calvino che è il nome della nostra scuola. Poi anche Calerno che è il nome del paese dove è la nostra scuola». «Confrontarsi vuol dire che se uno sapeva la risposta giusta, cioè, la risposta che secondo lui era giusta, prima di dirla ad Alessandra, lui doveva dire ai suoi amici che sapeva la risposta giusta. Doveva vedere se anche per loro o alcuni di loro era la risposta giusta. Questo per essere più sicuro. Questo perché se lui pensava di sapere la risposta giusta e poi la diceva subito e magari non era la risposta giusta, faceva perdere tutta la squadra. Allora, prima di far perdere tutti, era meglio che si confrontava». «Confrontarsi vuol dire controllare con gli altri se era la risposta giusta, perché magari per lui era giusta ma invece era sbagliata». «Per me se non ti confrontavi dopo facevi perdere tutti». «Per me noi siamo stati bene in biblioteca, io mi sono divertito, però stare seduto tre ore è stato un po’ difficile, a me alla fine faceva male il sedere».

Alla fine Alessandra ha detto che la squadra vincitrice avrebbe vinto un grande niente. Mi spiegate cosa è questo grande niente?
«Per me è un regalo». «Per me era una coppa, ma poi non ci ha dato la coppa». «Noi abbiamo risposto a quasi tutte le domande che Alessandra ci aveva fatto, però solo a una o due non abbiamo risposto». «Il grande niente non era niente». «Per me ci voleva fare uno scherzo». «Noi abbiamo fatto 88 punti e abbiamo vinto a pari merito con un’altra classe seconda che ha fatto anche lei 88 punti». «Siamo arrivati primi ma non abbiamo vinto niente, alla fine. Secondo me, sì, insomma, Alessandra non ci ha dato niente». «per me si è dimenticata». «Per me non si è dimenticata. E’ che non c’era niente da vincere. Cioè, solo la soddisfazione che avevi vinto. Che avevi fatto 88 punti». «Per me il grande niente era un po’ uno scherzo, perché poi, anche se invece di un grande niente era un piccolo niente, era sempre niente». «Anche per me è stato uno scherzo». «No, per me non è stato uno scherzo perché io lo sapevo già, Alessandra ce l’aveva detto all’inizio che poi non si vinceva niente, non mi sono sorpreso». «Per me è stato bello vincere ugualmente».