Dialogo, collaborazione. Le nuove parole d’ordine di palazzo Chigi scendono per li rami del governo e si fermano in via Arenula, dove il ministro della giustizia malgrado sia stato messo sotto mozione di sfiducia individuale giusto un paio di settimane fa si offre dialogante alle opposizioni. Ne ricava poco, perché la giustizia resta tema incandescente e se la maggioranza ha messo tra parentesi le diversità di vedute, con i rappresentanti di Lega, Fratelli d’Italia e Forza Italia Bonafede non fa passi in avanti. «Siamo tutti d’accordo che una riforma del Csm e dell’ordinamento giudiziario non sia più rinviabile», dichiara ottimista il ministro. Ma sul come fare la destra è da un’altra parte.

Il pacchetto di proposte avanzato dalle opposizioni comprende un’esca per i 5 Stelle, visto che ripropone il sorteggio come metodo di selezione della componente togata dal Consiglio superiore della magistratura che era la proposta originaria dei grillini. Ma non lo è più, l’accordo con il resto della maggioranza giallo-rossa prevede adesso un sistema elettorale maggioritario a due turni costruito su collegi molto piccoli. Sperando che serva a contenere le correnti della magistratura. Il centrodestra ha poi altre idee di riforma, come il rovesciamento dei rapporti di forza nel Csm tra consiglieri togati e consiglieri politici: i secondi raddoppierebbero in una sorta di cura omeopatica al male della politicizzazione. E poi la separazione delle carriere, proposta che tenta anche Italia viva. Così come, su un altro piano, il tentativo di cancellare la riforma Bonafede della prescrizione che tornerà a fare capolino in parlamento a fine mese.

«Irricevibili» sono per il centrodestra le proposte di Bonafede, ancora da affinare nella maggioranza soprattutto per quanto riguarda la selezione della componente laica del Csm: i 5 Stelle vogliono escludere gli ex parlamentari. Intanto però proprio il ministro non dà il buon esempio, visto che il suo nuovo capo di gabinetto (il precedente ha lasciato perché coinvolto nelle intercettazioni di Palamara) divide il Csm che deve approvarne la messa fuori ruolo. Raffaele Piccirillo, il prescelto dal ministro, è in carico alla procura generale della Cassazione, ufficio che ha una scopertura superiore al 20% dei posti. Le regole del Csm prevedono che in questi casi il fuori ruolo debba essere negato. Salvo eccezioni «in ragione del rilievo costituzionale» dell’ufficio al quale il magistrato è destinato. Il plenum del Csm voterà oggi, probabile che il nulla osta a Piccirillo sia riconosciuto con il solo voto favorevole delle correnti che reggono l’Anm, Unicost e Area, e l’astensione di tutti gli altri.