L’udienza di ieri, dove l’accusa avrebbe dovuto presentare i capi d’accusa a carico dei fucilieri di Marina Massimiliano Latorre e Salvatore Girone, si è conclusa – come si attendeva – con l’ennesimo rinvio. Il venticinquesimo in due anni, ha ricordato l’inviato speciale Staffan De Mistura, in un’odissea giuridica che ora sembra davvero sul punto di sbloccarsi. Il presidente della Corte speciale Chauhan, durante l’udienza lampo, ha avvertito il pubblico ministero Vahanvati: il tempo è scaduto, il prossimo 10 febbraio la Corte non garantirà più alcun rinvio. L’accusa sostiene di aver «quasi» risolto le divergenze che fino a questo momento non hanno permesso alla National Investigation Agency (Nia), la polizia federale incaricata delle indagini dell’incidente Enrica Lexie, di formalizzare le accuse a carico di Latorre e Girone, in India da quasi due anni sospettati dell’omicidio di Ajesh Binki e Valentine Jelastine, due pescatori scambiati erroneamente per pirati.

La pressione esercitata dall’offensiva diplomatica italiana, dalle elezioni generali indiane sempre più vicine e dall’internazionalizzazione della vicenda – con un coinvolgimento sempre maggiore dell’Ue – hanno fatto emergere all’interno dell’esecutivo di Delhi le opinioni divergenti sulla legge da applicare nel caso. Il ministro degli esteri Khurshid ha optato per la linea morbida, consigliando di non chiamare in causa il Sua act, legge anti terrorismo che prevede la pena capitale – ma il caso non rientra nella casistica dei «rarest of the rare», la pena di morte non verrebbe mai applicata – e soprattutto il ribaltamento dell’onere della prova: in presenza di prove sostanziali – intenzione di nuocere, compatibilità dei proiettili e sequestro delle armi da fuoco – la Corte partirà da una presunzione di colpevolezza, lasciando alla difesa il compito di provare l’innocenza degli imputati oltre ogni ragionevole dubbio. Il tutto in un contesto probatorio molto «fumoso», parafrasando lo stesso De Mistura. Dall’altra parte il ministero degli Interni, guidato da Sushilkumar Shinde, aveva fino a questo momento dato via libera alla Nia di applicare la legge anti pirateria, varcando potenzialmente la «linea rossa» che Roma aveva segnato come condizione non negoziabile. Nella giornata di ieri, poche ore dopo il rinvio, alcune indiscrezioni filtrate da ambienti governativi indiani hanno annunciato la vittoria della linea soft di Khurshid.

Lunedì, se le voci saranno confermate, l’accusa rinuncerà ufficialmente al Sua act, aprendo una serie di scenari che paiono avere un solo denominatore comune: i tempi saranno ancora lunghi, si parla di mesi, in una sovrapposizione virtuale del procedimento penale con l’apice della campagna elettorale indiana, previsto per il mese di aprile. A quel punto il caso marò potrebbe entrare nel tritacarne mediatico indiano, pronto a diventare argomento a disposizione dell’opposizione nazionalista per colpire l’Indian National Congress, il partito dell’«italiana» Sonia Gandhi. Lunedì prossimo la Corte dovrà anche pronunciarsi sulla richiesta di rimpatrio di Latorre e Girone avanzata dalla difesa, permettendo ai fucilieri di attendere l’esito delle indagini e l’inizio del dibattimento legale in Italia. L’impressione è che, a questo punto, né l’India né l’Italia abbiano alcun interesse a rimandare il momento delle decisioni.