Non è stato un caso isolato quello di Brandizzo. La consuetudine di lavorare alla manutenzione dell’infrastruttura ferroviaria mentre viaggiano i treni, moltiplicando i rischi, è emersa anche nel corso del processo su un’altra tragedia, quella di Pioltello, avvenuta il 25 gennaio 2018. In quel caso le tre vittime e le varie decine di feriti erano passeggeri di un treno regionale, il Cremona – Milano Porta Garibaldi, che deragliò a causa della rottura di uno spezzone di rotaia di 23 centimetri, posizionata sopra un giunto in pessime condizioni che era stato sistemato in modo provvisorio con una zeppa di legno. Ma il racconto in aula di un ex operaio specializzato del Nucleo manutentivo di Treviglio fa capire come, anche in quell’occasione, si procedesse a vista quando arrivavano i treni. Con l’operaio incaricato degli avvistamenti che allertava con un fischietto i compagni di lavoro, per farli uscire in tempo dai binari.

Nella trascrizione di un’udienza del maggio scorso del processo, recuperata dall’agenzia Ansa, l’operaio oggi in pensione racconta ai pm milanesi Maura Ripamonti e Leonardo Lesti delle “attività di rincalzatura” sui giunti delle rotaie della linea, spiegando poi quali fossero i suoi compiti: “Io facevo la ‘scorta’, quando arrivavano i treni dicevo alla squadra di uscire dal binario, guardavo i treni sia a destra che a sinistra mentre loro erano sul binario che intervenivano. Se c’era il passaggio dei treni fischiavo, e loro dovevano uscire fuori”.

A domanda dei pubblici ministeri, il testimone ha ha chiarito che per fare quell’osservazione sui treni in arrivo si metteva “in mezzo fra la linea veloce e la linea lenta”. E quando i pm hanno domandato se non si facessero con interruzione della linea questi lavori, l’ex operaio ha risposto: “Eh, non sempre ce la davano. Questioni di movimento treni, non lo so. Poi bisogna vedere, se l’intervento era lungo si chiedeva, e se non ce la davano intervenivamo tra un treno e l’altro”.

Il processo ancora in corso è a carico di nove imputati tra cui figurano, oltre a Rete ferroviaria italiana che è anche responsabile civile, l’ex ad Maurizio Gentile e altri ex dirigenti, dipendenti e tecnici di Rfi. Un decimo imputato ha già patteggiato 4 anni di pena.
Per la procura del capoluogo lombardo, quello di Pioltello fu un disastro provocato da una lunga serie di omissioni nella manutenzione e nella sicurezza, dovute alla sola volontà di risparmiare sulle spese da parte di Rfi. Al processo per la prima gli imputati hanno dato la loro versione dei fatti, scaricando ogni responsabilità sulle spalle degli operai. I quali al contrario, sentiti come testimoni, hanno ripetuto che sostituire il giunto usurato poteva concludersi “in circa tre ore e mezza di lavoro”, con l’interruzione del traffico sulla linea interessata. Ma l’intervento, che pure era stato richiesto con urgenza da uno degli operai del livello operativo, era sempre stato rinviato. E quando fu effettuato il traffico non venne interrotto.