Un aeroporto in Oriente. Lì si trovano Cochi, Renato e Jannacci. Non ci sono più aerei, non c’è modo di partire. Tutti incazzosi. Enzo prende il suo pigiama dal bagaglio e lo indossa per mettersi a dormire, lì. Questo era Enzo Jannacci. Protagonista di Vengo anch’io di Giorgio Verdelli in programmazione ancora per oggi nelle sale come evento speciale dopo essere stato presentato trionfalmente alla Mostra di Venezia. Chi dovesse cercare l’aneddoto dell’aeroporto nel film non lo troverebbe perché non c’è. In compenso ci sono tante altre interviste sulle stravaganze, le follie, le genialità di Enzo, e alcune delle testimonianze sono piuttosto inutili. Enzo è stato Milano, non solo ovviamente per il dialetto, ma perché molte sue canzoni respirano con la città. Comprensibile che per un documentario di un’ora e mezza si debbano operare delle scelte, spesso dolorose. Ma troppe sono le incomprensioni nei confronti della città che ha nutrito il talento di Enzo, e alcune sono vere trascuratezze nei suoi confronti. Jannacci è stato medico, della mutua, anche piuttosto bravo a detta dei suoi pazienti.

NEL FILM si mostra solo una buffa iniezione a Riccardo Pifferi, un aneddoto di Abatantuono e un paio di diplomi. Una manciata di secondi per una professione vissuta con grande serietà. Eppure, sarebbe bastato agganciarsi a Paolo Rossi che ricordava come Felice Andreasi fosse andato in bambola durante una replica di Aspettando Godot, con Gaber furibondo e Jannacci serafico «meglio sul palco un vuoto di memoria che non in sala operatoria». E ancora solo Fabio Treves ricorda un aneddoto di Enzo milanista, perso, che andava ai «popolari» di San Siro (per inciso aveva scritto con il pennarello il suo nome sul seggiolino, allora i posti non erano assegnati, così qualche partita dopo disse a chi occupava «il suo posto» che era suo, infatti c’era scritto il suo nome). Altro elemento espuntato, oltre al karate, Enzo era cintura nera, la pasticceria Gattullo, frequentata da tutto il cabaret milanese e milanista, dove è nato l’ufficio facce e l’indimenticabile Quelli che con Beppe Viola, anche lui liquidato un po’ troppo velocemente.Ricordi, testimonianze e canzoni del grande artista scomparso, anche se poco nel film esce del suo rapporto con Milano e della professione di medico

VERDELLI ha puntato su suggestioni altre, a partire da un tram come metafora della vita, si sale, si sta un po’ e si scende, e come simbolo della milanesità. Per fortuna c’è tanto Enzo nelle sue sublimi e inarrivabili esibizioni televisive con Cochi e Renato, con Milva, con Gaber, con Fo e con altri. Magnifica la presenza di Vasco Rossi, prima mostrato quando Enzo lo volle in tv per un duetto di Vita spericolata, poi per una commovente e inedita lettera di Enzo a Vasco in cui mostrava tutto il suo affetto e la sua stima come artista (dove l’artista in questo caso è Vasco, non Enzo). C’è poi una piccola chicca disvelata da Dori Ghezzi in cui si scopre che Via del campo di Fabrizio è depositata in Siae come di Jannacci-De André. Perché la musica è quella di La mia morosa la va alla fonte di Jannacci. Sullo sfondo c’è di tutto, gli esordi al Santa Tecla con Gaber, Tenco, Celentano, le rime di rughe con acciughe, le parole di tante canzoni, non tutte di Enzo, per esempio anche di Paolo Conte che gli consegna Messico e nuvole e Bartali, mentre Jannacci lo convince a cantare quelle stupende canzoni che compone. Ecco, un altro merito di Enzo: la generosità, la capacità di capire il talento, come la sensibilità nei confronti dei più sfortunati e la suddetta imprevedibilità.
Ricordata da Paolo Tomelleri quando si trovavano in Germania, a Norimberga, truffati da un manager e senza soldi, anche perché Enzo aveva spesso il poco rimasto per comprare un orologio patacca e loro erano lì con 20 pfennig. E allora, se potete, lasciate perdere le piccole amarezze di uno sperticato ammiratore di Enzo chiamato a scrivere (in ritardo) di questo film per godervi sino in fondo la visione di Vengo anch’io, magari cantando la canzone insieme a mille altre poesie musicate dal dottor Vincenzo Jannacci.