Cosa c’è dietro l’angolo, per il Pdl e dunque per il governo e probabilmente anche per la legislatura? La verità è che al momento non lo sa proprio nessuno, nemmeno la proverbiale zingara. La doccia gelida dei ministri Saccomanni e Zanonato è piovuta sulle colombe come sui falchi. Era del tutto prevedibile, però li ha colti lo stesso alla sprovvista. Innalzamento inevitabile dell’Iva, eliminazione dell’Imu tutt’altro che scontata: una Caporetto e forse peggio.
Le risposte dunque arrivano. Però timide. Si fingono ruggiti, sono belati. Brunetta, il ruggente numero uno, ci prova ma più che minaccioso sembra uno che incrocia le dita: «Le risorse si troveranno, i ministri tecnici servono proprio a risolvere i problemi. Siamo sicuri che Letta manterrà gli impegni e dirà una parola di chiarezza». Quando si fa la voce grossa più per farsi coraggio che per altro. Se questo è il falco, figurarsi le colombe. Alfano sussurra che lui e gli altri ministrini del Pdl «si battono e si batteranno» per eliminare di tutto e di più: Imu, Iva e magari ci scappa pure qualcos’altro. Ma chi si batte mica può essere anche sicuro di vincere, sennò che gusto c’è? Schifani, altra colomba, si butta sulla calda esortazione: invita il governo a pensarci bene. Roba da far tremare le vene ai polsi. Persino Cicchitto, di solito meno paludato, si arrangia come può tra un «doppio no su Iva e Imu inaccettabile» e una richiesta di «confronto collegiale».

Balbettamenti che si traducono in una maniera sola, chiara come il sole: il Pdl non ha la minima idea di cosa fare. Sono tante le ragioni che impediscono all’esercito di Silvio di scegliere una strategia. Prima di tutto la crisi del Movimento 5 Stelle, che dalle parti di Arcore non è affatto salutata con brindisi di gioia. Se il mucchione di Grillo si sfascia, diventa possibile la formazione di un’altra maggioranza, quella che Bersani aveva tanto sognato. Lo sanno tutti che, se il profeta è andato, camera e senato sono pieni di piddini e sellini che non vedono l’ora di resuscitare il suo piano di battaglia. Allora era impossibile, oggi lo è ancora ma meno di ieri. Domani chissà.

Per Berlusconi il rischio di una maggioranza centrosinistra più fuoriusciti grillini è un incubo di quelli che ti tirano giù dal letto con il trapianto dritto sulla testa, ma le elezioni fanno solo un po’ meno paura. Le amministrative si sa come sono andate e chi se la sentirebbe di giurare sulle politiche? Sì, certo, ci sono i sondaggi rosa shocking, ma mica sondano gli umori del futuro, quando in campo potrebbe esserci quel Renzi che Berlusconi teme già da un pezzo.
C’è un ultimo e non trascurabile particolare. Il Pdl è decotto, ma il ricambio non è ancora pronto e non basterà un predellino. Si tratterebbe di dar vita, anzi di resuscitare, un partito (Forza Italia, ve la ricordate?), lasciando nella sentina del Pdl tutti quelli che Berlusconi già considera zavorra ma che non hanno nessunissima intenzione di farsi scaricare sul binario morto. Anzi, nel cimitero degli elefanti. Insomma, prima di scatenare l’ira di dio sulle promesse fiscali non mantenute da Letta tocca pensarci cento volte almeno. Soprattutto tocca aspettare la sentenza della Consulta sul processo Mediaset, il 19 giugno. Perché dietro l’angolo, per il Pdl, c’è soprattutto quella. «Se darà torto alla difesa – argomenta un parlamentare che conosce Berlusconi benissimo – resta sempre la Cassazione. Però quello sarebbe il colpo di grazia, dopo il quale reagire sarebbe più o meno impossibile. Dopo la Corte costituzionale, invece, la sentenza non è ancora definitiva e reagire è ancora possibile».

Certo, non è che si possa far saltare il tavolo per una sentenza: ohibò, sarebbe conflitto di interessi! Però, in caso di condanna, le risposte ai ministri stretti di manica in materia di Iva e Imu non sarebbero più timide e prudenti come oggi. Ma tanto fragorose e ultimative quanto può esserlo chi cerca solo una scusa per far saltare il banco senza perderci troppo la faccia e con l’argomento più utile da impugnare in campagna elettorale.