La morte di sei giovani e la scomparsa di 43 studenti, brutalmente repressi dalla polizia lo scorso 26 settembre nella località di Ayotzinapa, scuote il Messico. E sta facendo cadere qualche testa. Su 282 poliziotti locali fermati, 22 sono stati arrestati con l’accusa di omicidio. Il sindaco della città, José Luis Abarca Velazquez si è reso irreperibile dopo essere stato sospeso dall’incarico per un mese ed espulso dal suo partito (il Prd).

E ieri, Angel Aguirre Rivero, il potente governatore di Guerrero (lo stato nel sud del Messico in cui sono avvenuti i fatti, a 200km dalla capitale) ha prospettato la possibilità di dimettersi come chiedono le associazioni per i diritti umani: «Se il popolo di Guerrero vuole che me ne vada, lo farò, ma non come delinquente o come assassino, perché non lo sono», ha detto Rivero in conferenza stampa. Al suo fianco anche il Procuratore Iñaki Blanco, che domenica ha illustrato il corso delle indagini. Le indicazioni di alcuni testimoni hanno consentito di scoprire nella zona diverse fosse comuni in cui sono stati trovati 28 corpi: 17 di questi potrebbero appartenere a un gruppo di studenti scomparsi, arrestati dopo le proteste, portati in caserma, uccisi e fatti scomparire. Sia le telecamere che le testimonianze hanno confermato l’arresto degli studenti da parte della polizia locale. A ucciderli sarebbero stati narcotrafficanti della banda dei Guerreros Unidos, in combutta con i poliziotti: e 29 membri di questa banda sono stati arrestati.

Durante la manifestazione contro la riforma dell’istruzione e i costi delle politiche di privatizzazione imposte dal governo neoliberista di Enrique Peña Nieto, gli studenti avevano denunciato la presenza di paramilitari a dar manforte alla polizia. Un autobus dei manifestanti era stato attaccato con armi pesanti, come un pullman di una squadra di calcio, di ritorno dallo stadio, che aveva tratto in inganno gli assalitori. Sei persone sono rimaste uccise, una presentava evidenti segni di tortura. All’inizio si è parlato di 58 studenti scomparsi, poi 15 di loro sono ricomparsi, uno dei quali morto. La maggior parte dei ragazzi si era nascosta per sfuggire alla repressione.

Ma 43 studenti continuano a mancare all’appello e si attende il lavoro degli antropologi forensi argentini, nominati dagli studenti, per sapere se i 17 resti appartengono a un gruppo di loro. L’episodio ha scoperchiato il vaso di Pandora sui legami tra politica e narcotraffico, una costante della realtà messicana: quelli tra Velazquez e il suo segretario per la Sicurezza, Felipe Flores Velazquez, con i Guerreros unidos erano stati denunciati da tempo, così come i legami tra Anarca e il governatore Rivero, sul quale pesa la responsabilità per la morte di due studenti di Ayotzinapa, uccisi dalla polizia il 12 dicembre del 2011. Peña Nieto si è detto «indignato» e ha invitato le forze federali a disarmare la polizia municipale. Nessuno ha dimenticato la violenta repressione che ha scatenato contro i manifestanti di Atenco-Texcoco quand’era governatore dello stato di Mexico, nel 2006.