La variante Delta è un treno in corsa in Inghilterra. Al punto che, per evitare un focolaio di contagi, è stata bloccata la vendita (e annullati i tagliandi venduti dal 28 giugno) ai residenti nel Regno Unito, su intesa tra dipartimento italiano per la pubblica sicurezza e Uefa, per la sfida tra inglesi e ucraini di domani sera all’Olimpico di Roma. Ma l’Uefa stessa e il governo inglese non hanno cambiato idea sulla sede di semifinali e finale di Euro 2020: tra il 6 e l’11 luglio si gioca a Wembley. Nessuna retromarcia, inascoltato il coro di dissenso di alcuni governi (tedesco e italiano in testa) e organizzazioni sanitarie.

LA VARIANTE ha prodotto ieri quasi 28 mila casi di Covid-19 tra i britannici, il punto più alto da gennaio, oltre a 22 decessi e la crescita delle ospedalizzazioni. Ma l’Uefa tira dritto: ieri ha ribadito la linea, si resta a Londra e poco importa di restrizioni imposte in vari Paesi, compresa l’Italia dove chi arriva dal Regno Unito finisce cinque giorni in quarantena, tutte le strade portano a Wembley, a quei 60 mila sugli spalti (il 75% della capienza) e alle migliaia di appassionati rintanati in pub, ristoranti e pub della capitale. Nulla deve fermare il torneo della ripartenza, anche (soprattutto) del registro di cassa dell’Uefa, tra introiti da stadio e diritti tv. E non pesa sulle coscienze aver fatto disputare partite durante la pandemia, come Liverpool-Atletico Madrid dell’11 marzo 2020 nella città inglese, che produsse migliaia di contagi con diversi decessi, così come Atalanta-Valencia a San Siro, due settimane prima.

IL MASSIMO ORGANISMO del calcio europeo ha pure aggiunto che «le misure di mitigazione adottate in ciascuna delle sedi di Euro 2020 sono allineate con le normative decise dalle competenti autorità sanitarie locali. Le decisioni finali sul numero di spettatori e i requisiti di ingresso nelle nazioni ospitanti e negli stadi ricadono nella responsabilità delle autorità locali competenti. E la Uefa segue tassativamente tutte queste misure». In sostanza, il cerino, in caso di boom di contagi, è in mano al premier britannico Boris Johnson, che ha accennato a precauzioni “extra” per il popolo britannico dal 19 luglio in poi ma che non torna sulla questione Wembley, seppur attaccato da diversi esponenti del partito laburista, compreso il sindaco di Manchester, Andy Burnham. Insomma, il muro eretto dal duo Johnson-Uefa, che ha collaborato per stroncare il progetto Superlega in poche ore, resta ancora solido a pochissimi giorni dalla prima semifinale, nonostante le accuse del ministro dell’Interno tedesco, Horst Seehofer: «Ho il sospetto che ci sia un problema di tipo commerciale, e ragioni del genere non dovrebbero prevalere sulla protezione della salute».

E SUL PERICOLO della variante Delta c’è stato l’appello dell’Organizzazione mondiale della sanità, secondo cui il flusso di persone tra stadi, pub e bar al seguito di Euro 2020 sta assumendo un ruolo decisivo nell’aumento dei contagi in alcuni paesi europei. Addirittura il responsabile medico dell’Uefa, Daniel Koch, non ha potuto smentire che ci saranno diversi casi di Covid-19 legati a Euro 2020. Non poteva, la prova c’è già, esibita dalle autorità scozzesi: Inghilterra-Scozia, partita giocata il 18 giugno a Wembley, ha prodotto i due terzi dei duemila contagi di scozzesi in viaggio per assistere a Euro 2020. Poco meno di 1.300 infatti sono stati a Londra per la gara, quasi 400 all’interno dello stadio e altri che hanno sfilato tra bar, pub e per le strade della capitale inglese. In precedenza sono stati registrati 29 contagi a Copenhagen, riferiscono le autorità danesi, per le tre partite di Euro 2020 giocate nella capitale nordeuropea. E ci sono i 300 finlandesi contagiati per seguire la nazionale tra gli stadi di Euro 2020.