Quando in campagna elettorale cede il fisico alla testa di serie, candidato ufficiale o meno che sia, è sempre un problema. Ma se l’affaticato in questione si chiama Silvio Berlusconi il problema è elevato a potenza e nel partito circola non una comprensibile preoccupazione ma una giustificata punta di panico. La pressione del capo corre sulle montagne russe, gli sbalzi sono frequenti, la tensione si fa sentire tutta.

Domenica scorsa il rush finale sulla composizione delle liste aveva offerto un comodo paravento per giustificare la diserzione dalla mezz’ora di Lucia Annunziata su Raitre. Ieri, di fronte all’impossibilità di presenziare nel salotto televisivo di Bruno Vespa, ammettere è stato inevitabile: «Affaticamento prolungato». Anche se le voci da Arcore dicono che più che la campagna elettorale potè proprio l’imbufalimento montato nel corso delle trattative sulle liste.

Immediato il consulto medico a più voci per decidere se non fosse il caso di spedire il frontman al San Raffaele. Giusto il tempo di rimettersi in forma prima dei botti finali a ridosso del 4 marzo. Ipotesi smentita a strettissimo giro: ci manca solo l’ospedale per rendere il disastro conclamato. I «collaboratori» frenano: nessun ricovero, nessun ritiro dalla campagna elettorale. Solo pochi giorni di riposo, nei quali comunque la voce del Cavaliere si farà sentire, come del resto è accaduto già ieri sera in collegamento telefonico con Matrix: «Mi spiace di deludere i nostri competitori ma io sto bene davvero e mi sono preso due giorni di sosta, dopo cinque giorni da 17 ore al giorno di lavoro per la composizione delle liste elettorali. Giorni stressanti e dolorosi, pieni di tensioni, di dubbi, ripensamenti e decisioni difficili, con il dispiacere di dover deludere tante aspettative. Ma adesso riprendiamo la campagna elettorale». Ma le dita restano incrociate. Silvio non calca le telescene da una settimana. Se il forzato esilio dovesse prolungarsi, impossibile valutare le conseguenze.

Anche ai tempi d’oro, quando le liste traboccavano di nomi altisonanti, a fare la differenza era solo lui, il grande venditore, il leader che sa mettersi per istinto in sintonia con il suo pubblico votante. Figurarsi ora che di stelle nel partito azzurro se ne contano pochine e le speranze sono riposte solo nelle doti innate dell’imbonitore di razza.

C’è anche di peggio. Nonostante l’innegabile vitalità, l’età resta un handicap. Ottantuno primavere, per un capo politico, non sono poche, tanto più in una campagna elettorale dove i rivali diretti hanno la metà dei suoi anni e anche qualcosina in meno. L’energia del leader, uomo di spettacolo quanto e più che della politica, è riuscita sinora a ridurre il danno. Il problema di salute rischia invece di concentrare l’attenzione sul molesto particolare che l’attempato era sin qui riuscito a tenere sottotono.

Siccome i guai, si sa, non vengono mai soli, c’è poi quella pattuglia di candidati lombardi che si è dimenticata di apparentarsi con la coalizione di centrodestra e che pertanto è stata esclusa, salvo ricorso accolto, dalla competizione nell’uninominale.

Sono 17 nomi, tutti di Noi con l’Italia, la famosa «quarta gamba», e tra questi c’è anche Michela Brambilla, leader del Movimento animalista su cui Berlusconi conta per ramazzare i voti di chi detesta i politici ma adora gli animali. Senza Brambilla è un po’ come se Dudù, l’adoratissimo cagnetto di Arcore, fosse escluso dalle liste. Come potrebbe re Silvio non soffrirne?