Palazzetto dello Sport, lato sud, Pinerolo. Laura e Fiorenzo Blanc, partigiani, sorridono dal muro impugnando un fucile. Via Silvio Pellico 2, Torre Pellice. Llevame contigo, prendimi con te, chiede la donna di altri mondi distesa lungo la parete di un basso edificio, una rondine e dei fiori tra le dita. Via Bertenga, Torre Pellice. Un teschio, un intrico di piante, un sistema di ingranaggi raccontano il difficile rapporto tra meccanica e natura. Axel Void, Miami; Francisco Bosoletti, Argentina; Pixel Pancho, Torino, sono tre fra i tanti nomi che dal 2014 lo Street Alps Festival chiama ogni anno a dipingere il grigio e il vuoto del cemento di strutture pubbliche, piloni stradali, complessi industriali abbandonati.

Già, perché anche il più ridente paesello (come si suole retoricamente dire) della Val Pellice e della Val Chisone, le sue nascoste magagne ce l’ha. E allora, visto che eliminarle risulta impresa ardua o impossibile, meglio, anzi benissimo, trasformarle in opere di arte urbana, realizzate da grandi firme internazionali.

Ulteriore valenza positiva è quella turistica, perché da queste parti, escursioni montane e storia valdese a parte, le attrazioni non sono molte e la tranquillità regna persin troppo sovrana. La cromatica idea si deve all’associazione pinerolese Pigmenti, di cui Riccardo Colombo, ‘muralista’ sabaudo, è direttore artistico.

Tre anni fa, i ragazzi di Pigmenti ottengono dal comune di Pinerolo l’autorizzazione a posare la prima pennellata, la prima pietra, di quello che, edizione dopo edizione del festival, sta diventando un museo di Street Art circondato dal verde dei boschi e delle montagne. Axel Void dipinge 1944, immensa tavola colorata in mezzo a un’area sportiva periferica delle Olimpiadi Invernali 2006. Dopo Void arriveranno Ipnosi del collettivo brasiliano Bicicleta Sem Freio (Bicicletta senza freno), gli italiani Vesod Brero con Liberazione e Pixel Pancho con Partigiani, i milanesi di Sea Creative con Palude, da Miami quelli di 2 Alas dedicano all’eroina bolognese della Resistenza Irma Bandiera la loro fatica. I murales sono apparizioni meravigliose e improvvise, squarci di forme e figure capaci di cancellare in un secondo l’algida razionalità delle architetture del Palazzetto dello sport, della piscina comunale, del Palazzetto del curling.

Aiuta a scovarli la mappa fornita da Pigmenti a chi vuole percorrere un itinerario che dopo aver toccato anche la scuola elementare Collodi, sulla facciata Sono solo un bambino di Bosoletti e My Playground dello svedese Etnik, si trasferisce a Torre Pellice. Qui la ricerca dei murales assume i contorni di una caccia al tesoro, la sorpresa si amplifica a ciascuna scoperta, arte di strada e contesto urbano si intrecciano in un rapporto più stretto.

Gli interventi di Riccardo Ten Colombo, Gufo Reale, dentro i giardini di piazza Mustan; di Martina Merlini e dell’americano Derek Bruno, Pendolo, alla scuola elementare Rodari; di Guido Bisagni, Forme Molli, sulla galleria d’arte Filippo Scroppo, sono nati nel nucleo centrale della cittadina o nelle sue immediate vicinanze, hanno indirizzi facili da trovare. Ma quando, si fa per dire, ti allontani, la caccia al tesoro chiede impegno topografico supplementare.

Tuttavia è proprio questa collocazione ‘sperduta’ questo nulla che circonda ciascun lavoro, a sottolinearne il valore: non opera fine a sé stessa, ma che sottrae tristezza al degrado, manda un segnale forte di vitalità.

Accanto a ciò che è stato realizzato negli anni precedenti, ad esempio Home, di Reka, Australia, Torretta dell’Energia Elettrica; lo splendido Queen Dahu, di Anamarietta, Portorico, in via Bertenga, e nella stessa via la Ninfa di Miluo Correch, vale citare le creazioni di Street Alps 2017: The Soul of the Mountain, Andrea Casciu, sequenza di volti azzurri e blu tagliati a metà e allineati sulla facciata di una casa; In gioco, di Giò Pistone, sagoma aliena ipercolorata che segue la pendenza di un sottopasso; Le Sculture sospese di Moneyless, tra gli alberi di un bosco; le intricate geometrie gialle e blu di Zorkmade contro l’anonimato del luogo.

Il ragionevole dubbio che il festival e ciò che produce possano rimanere chiusi dentro i confini della provincia, lo dissolve subito Colombo «Attraverso le fotografie e i video dei suoi lavori, Street Alps sta facendo il giro del mondo. Magazine e blog pubblicano articoli su di noi; Street Art News, il blog di arte urbana più importante al mondo, ci sostiene e pubblica costantemente quanto facciamo.

Lo stesso avviene con Pow Pow, un festival hawaiano che si è esteso all’Australia e al Giappone». Nemo profeta in patria? Sono soprattutto i rapporti con le amministrazioni comunali a preoccupare Colombo «Spesso i comuni non sanno come considerare le nostre opere, se interventi di lavori pubblici o realizzazioni artistiche.

Queste decisioni non dovrebbero arrivare da un assessore, ma da linee guida a livello nazionale. Tutte le volte ci troviamo a dover affrontare un iter che può durare cinque o sei mesi e costituisce ostacolo non piccolo alla nostra attività». L’argentino Christian Rafael Poeta ha dipinto su un vecchio portone di via Stamperia, a Torre Pellice, Movimiento Incerto. Titolo, a proposito di cavilli burocratici, quanto mai appropriato.

Il turismo a caccia di paesi dipinti

Levanto e Rio Maggiore in Liguria, Val Masino in Lombardia, Dozza in Emilia Romagna, Piombino in Toscana. E ancora, Calvi in Umbria, Castel Sanpietro nel Lazio, Furore nel Salernitano, Patti in Sicilia, Orgosolo e Capoterra in Sardegna. Sono alcuni degli oltre duecento paesi italiani dove i muri di abitazioni e di edifici pubblici, di intere vie e piazze, di complessi industriali dismessi, sono divenuti gallerie di Street Art che richiamano turisti anche fuori dai nostri confini.

Li riunisce dal maggio del 1994 l’Associazione Italiana Paesi Dipinti, creata dall’Azienda Promozione Turistica del Varesotto, proprietaria dei murales di Arcumeggia, borgo a mezza costa tra le montagne della Valcuvia.

Un primo censimento effettuato rivelò che sulla penisola erano una settantina i piccoli centri ad aver scelto di ‘affrescarsi’ per raccontare sulla pietra e il cemento il lavoro nei campi, i mestieri antichi, feste e leggende, rituali, personaggi celebri del posto, santi e processioni. Si dava così voce, nei segni delle pitture, alla propria identità culturale e al desiderio di non venir dimenticati. Era un patrimonio pressoché sconosciuto, che l’Azienda turistica decise di far emergere attraverso un appello, cui risposero subito Furore, Vietri, San Sperate, Diamante, Villamar, Calvi, Orgosolo. Nell’arco di una manciata di anni le adesioni sono cresciute, e oggi la mappa dei Paesi Dipinti è divenuta fittissima.

Non c’è regione che non ne conti almeno uno, dalla Valle d’Aosta alla Sicilia. A colorarli hanno concorso e concorrono non soltanto gli artisti locali, ma in non pochi casi esponenti di rilievo della pittura italiana e internazionale.

È il caso di Diamante, Calabria, che tra i suoi centocinquanta murales vanta trenta opere a firma illustre. Scene astratte e scene reali si miscelano nel percorso diffuso di Rocca di Papa, pochi chilometri dalla capitale.

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Quanto ad Orgosolo, la protesta iniziata il 29 maggio del 1969 contro le esercitazioni militari nella zona di Pratobello diede impulso alla nascita dei murales più antagonisti d’Italia. Capostipite quello realizzato dal gruppo anarchico milanese Dionisio. Attualmente si contano circa duecento opere, tutte a sfondo politico e sociale. Una di esse ritrae il nostro Luigi Pintor davanti alla scrivania, occhiali sulla fronte, accanto una scritta ‘A Luigi Pintor, cui il centralismo democratico censurò l’incontro con i compagni del Circolo Giovanile, 1969’.

I quarantadue abitanti di Valloria, frazione di Prelà, Liguria, hanno messo a disposizione di pennelli e bombolette spray gli esterni delle loro case. In linea con la tradizione artigianale che l’ha resa famosa, Vietri ha scelto le piastrelle in ceramica per comporre paesaggi della Costiera, mentre Dozza, provincia di Bologna, ha celebrato a settembre 2017 l’edizione numero ventisei della Biennale del Muro Dipinto.

Ma il titolo di paese dei murales più curiosi spetta senza alcun dubbio a Marentino, nel Torinese. Qui, infatti, gli affreschi sono dedicati esclusivamente all’enigmistica in forma di rebus di varia difficoltà. Le famigerate sillabe rompicapo, in questo caso Na e No, sono poggiate, ad esempio, sulla rappresentazione di una cima montuosa, in basso un’edicola votiva con pie donne in preghiera e un manifesto del film Via col Vento affisso su un lato di un cascinale. Sotto, la beffarda formula ‘Rebus 6 5 2 4’.

Per non parlare del ‘Rebus 5 10 8’, affidato alle sillabe Ric e Gi e alla lettera enne sullo sfondo di due cavalli che si abbeverano e di una coppia di lavandaie intente al bucato sulla riva di un fiumiciattolo. Gli ingorghi del traffico, in quel di Marentino, sono provocati da gruppi di turisti imbambolati davanti a un criptico murale, nel tentativo di decifrarlo. Ogni tanto un urlo attraversa la quiete. Lo lancia, esultante, il turista – enigmista. È la soluzione, gridata a squarciagola assordando gli sciagurati residenti. I vecchi scuotono il capo, pacato gesto di compassione e di rassegnazione.

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Street Alps si svolge da maggio a ottobre e, attraverso la collaborazione con un network internazionale, coinvolge una serie di artisti presenti in altri festival durante quel periodo. Il pubblico può assistere in diretta alla realizzazione dei murales e incontrare i loro autori. Nel futuro della manifestazione c’è l’allargamento degli interventi, a cominciare dalla Val di Susa, dove è già presente un’opera di Riccardo Ten Colombo. A Torino, in occasione del Graphic Days, via Da Montefeltro 12, fino al 15 ottobre, il padovano Joys dipingerà una facciata dell’edificio che ospita il Toolbox Cooworking. Per quanto riguarda l’itinerario dei murales di Pinerolo e Torre Pellice, mappa e informazioni si avranno rivolgendosi all’associazione Pigmenti, ass.pigmenti@gmail.com, 338 4799369.

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Alla scorpacciata di colori, il turista in cerca di murales può far seguire una scorpacciata di sapori. La cucina piemontese trionfa al Ristorante Centrale in frazione Talucco, dieci minuti in auto da Pinerolo. La minuscola borgata si nasconde nel verde, settecento metri di quota, avvolta dall’aria buona. Davanti alla chiesa, in un ambiente che nulla concede a finte atmosfere agresti, il Centrale propone un menu assai eloquente: insalata di carne cruda, tomini freschi e pepati, polentina concia alla robiola, peperoni in agrodolce con acciuga; agnolotti e pasta fresca conditi al ragù, sugo alla salsiccia, pomodoro fresco; frittura di funghi porcini (in stagione), polpette di vitello in umido, dolci della casa. Vino onesto, conto finale dai 20 ai 25 euro. A quando un murale in suo onore?