Una giornata per ricordare Giovanni Falcone, Francesca Morvillo e Paolo Borsellino, nell’imminenza del trentennale della strage di Capaci (23 maggio) e di quella di via D’Amelio (19 luglio). Si è conclusa così ieri nel capoluogo siciliano la prima conferenza europea dei procuratori generali, organizzata dall’Italia come evento della sua presidenza di turno del Comitato dei ministri del Consiglio d’Europa.

Alla presenza del presidente della Repubblica Sergio Mattarella e del neo procuratore nazionale antimafia Giovanni Melillo, è stato il procuratore generale della Cassazione Giovanni Salvi (prossimo alla pensione) a dire che «Falcone e Borsellino sono stati certo isolati ma non sono mai stati soli. Coloro che progettarono gli attentati e li eseguirono sono stati processati e condannati ma la verità è ancora incompleta».

La cerimonia si è tenuta nell’aula bunker del carcere dell’Ucciardone, la stessa che fu costruita in poco tempo per ospitare il maxiprocesso a Cosa nostra, istruito dal pool di Caponnetto con Falcone, Borsellino, Di Lello e Guarnotta. Il presidente della Corte d’appello di Palermo Matteo Frasca ha detto che «in quest’aula è stato annientato il mito dell’invincibilità di Cosa nostra. Giovanni e Paolo hanno riportato in questa terra la credibilità dello Stato e ridato ai cittadini il senso di appartenenza a una comunità libera e democratica. Restano però sulle loro morti torbidi retroscena e complicità che lasciano aperte ferite che non si rimarginano nonostante il tempo. Anzi il tempo rischia di consolidare l’idea di un mistero irrisolto. Sono ancora tanti gli interrogativi da sciogliere per assicurare i responsabili. delle stragi alla giustizia».

La ministra dell’interno Luciana Lamorgese ha detto invece che «le stragi del ’92 furono il peggior investimento della mafia siciliana. Da quegli attentati sono nate le nuove norme antimafia». Mentre per la ministra della giustizia Marta Cartabia «la nostra Repubblica reagì alla brutalità delle stragi e mostrò il suo volto più nobile. L’aula bunker è dove la Repubblica dimostro che la civiltà dello stato di diritti può prevalere sulla barbarie».