Quante persone sono morte nelle Rsa di Brescia e provincia non è un dato semplice da reperire. Alcune notizie sono faticosamente uscite e si possono trovare sui quotidiani locali. Tra questi il Giornale di Brescia, raccontando di un incontro tra il direttore di Ats Brescia, i Nas e i vertice della Procura, sostiene che i morti nelle Residenze Sanitarie Assistenziali di città e provincia sarebbero oltre 500 nell’ultimo mese. 168 trovati positivi al coronavirus, ma non è chiaro e pubblico a quanti dei deceduti sia stato fatto il tampone.

Sono una novantina le Rsa del bresciano, dove risiedono circa 6.900 persone. Si tratterebbe di oltre il 7% di morti, un dato, se confermato, certamente alto ma lontano della vicina Bergamo dove i numeri raccolti dallo Spi Cgil parlano di 1.500 morti su 6.400 ospiti, con un tasso di mortalità del 23,05%, secondo i dati recuperati su 53 delle 65 strutture della provincia.

Pierluigi Cetti, segretario Spi Cgil di Brescia dice «anche noi stiamo cercando di fare una rilevazione dei morti nelle Rsa, così come delle condizioni di lavoro e di disponibilità dei Dpi, ma è molto difficile reperire i dati. Abbiamo, a fatica, avuto notizia su circa la metà delle strutture della provincia. I dati in nostro possesso, e ancora da verificare, parlano di circa 500 morti ma solo nelle strutture da noi raggiunte non nella totalità delle strutture come invece si evincerebbe da quanto riportato dalla stampa locale. Le strutture di Brescia città non hanno evidenziato grandi problemi, a differenza di alcune della provincia». Cetti ricorda che, assieme a Cisl e Uil, è da oltre un mese che denunciano la criticità della situazione, con tanto di due richieste di incontro con il prefetto.

Intanto sono nove i fascicoli aperti dalla procura di Brescia alcuni su esposti del Codacons altri su denunce di parenti di ospiti delle Rsa. A guidare le indagini è il procuratore aggiunto Carlo Nocerino. Il clima nelle Rsa bresciane è pesante. Da una parte le necessità di gestire gli ospiti e l’emergenza sanitaria, dall’altra le perquisizioni che concorrono a inasprire la situazione. La paura strisciante, tra dirigenti e lavoratori, è quella di essere scaricati e di vedersi additati come responsabili della catastrofe, nonostante per mesi si sia dovuto organizzare il lavoro tra la delibera che chiedeva disponibilità ad ospitare pazienti covid-post acuti (nonostante la contrarietà di una circolare ministeriale), l’assenza di supporto materiale nel reperimento dei Dpi, e il ritardo dei finanziamenti regionali legati alla convenzione pubblico/privato.

Massimo Cavagnini, presidente della cooperativa sociale Genesi, racconta: «La nostra cooperativa sociale è riuscita grazie a un ufficio acquisti previdente e alla propria storia a reperire subito i Dpi pur fra mille difficoltà. Stiamo lavorando, mi creda, dando il massimo pur con tante nostre socie e dipendenti malate – e aggiunge – capiamo il dolore dei famigliari che si sono visti perdere il padre, la madre, e avendo perso mia mamma da poco so come si sta. Tanti famigliari ci testimoniano vicinanza e sanno che un solo morto anche di 100 anni e una tragedia. Adesso c’è un clima di paura e sospetto. Non sappiamo cosa ci aspetta, ma crediamo di avere fatto tutto quello che era umanamente possibile e riteniamo che avremmo avuto bisogno di più delle istituzioni, ovvero subito i tamponi per i dipendenti e gli ospiti, a tappeto. Questo avrebbe prevenuto di più e ci avrebbe fatto avere dati certi».