«Abbiamo fatto una delibera che è stata proposta dai nostri tecnici. Ci hanno detto che a determinate condizioni la cosa si poteva fare. Noi ci siamo adeguati». La politica che si adegua, questo vorrebbe farci credere il presidente lombardo Attilio Fontana che ieri mattina in tv ha scaricato su non meglio precisati tecnici e dipendenti regionali la responsabilità di aver mandato i pazienti Covid dagli ospedali alle Rsa lombarde. Uno scaricabarile che arriva nel pieno delle inchieste giudiziarie sulla strage nelle case di riposo lombarde.

LA FIRMA DELLA DELIBERA dell’8 marzo che ha aperto le porte delle Rsa ai pazienti Covid positivi è di Fontana e della sua giunta, a partire dall’assessore alla Sanità Gallera. «Su proposta dell’assessore Giulio Gallera» è scritto nell’incipit della delibera. Che la politica prenda decisioni sentendo i tecnici è nella prassi, assumendosene però la responsabilità pubblica. Le parole di Fontana sono uno scaricabarile vergognoso per chi governa, e diventano ciniche e crudeli nella regione che più d’ogni altra non ha saputo arginare la diffusione del coronavirus. Ciniche perché da bravo avvocato quale Fontana è, utilizza tecnicismi buoni in tribunale ma inaccettabili in politica. Crudeli perché aumentano la distanza tra chi governa e le vittime, lasciate nello sconforto da una politica che prima non è stata capace di prendersi cura dei loro cari e ora è incapace di relazionarsi al dolore. Nella sua apparizione tv Fontana scarica anche la responsabilità dei controlli nelle Rsa, «è dell’Ats – l’Azienda Territoriale Sanitaria – che si è recata sul posto e ha verificato se ci fossero le condizioni o meno». Anche queste sembrano parole pronunciato da un avvocato in tribunale.

Ovviamente non è il presidente della giunta a dover andare a controllare di persona, ma se qualcosa non sta funzionando, ed è questo il caso, deve intervenire con tutto lo sforzo materiale necessario. La Regione Lombardia non lo ha fatto, dalle Rsa operatori e personale medico hanno raccontato dell’assenza di dispositivi di protezione, di indicazioni non chiare, di mancata assistenza logistica e mancato supporto medico.

Fontana però rifarebbe tutto: «Sulle Rsa credo proprio che non abbiamo assolutamente sbagliato niente» ha detto al Tgr Lombardia. «L’Ats doveva controllare le condizioni delle delibere, ossia l’isolamento in singoli reparti e dipendenti dedicati esclusivamente a quei pazienti e, sulla base delle risultanze tecniche, abbiamo portato avanti il provvedimento». Lo rifareste? «Certamente, in quel periodo drammatico che stavamo vivendo».

NELLE RSA LOMBARDE si è consumata una strage, 1.822 i morti ufficiali, quelli reali sarebbero almeno il triplo. Nella sola provincia di Bergamo i decessi nelle Rsa sono stati circa 1.500 secondo la Cgil che ha raccolto i numeri struttura per struttura. La Lombardia ha il 12% dei morti totali nel mondo per Covid secondo l’Oms. Con la delibera dell’8 marzo la giunta lombarda chiedeva alle Rsa di ospitare Covid positivi dimessi dagli ospedali per liberare posti letto. Non era un obbligo e veniva chiesto alle strutture di isolare i pazienti Covid dagli altri.

E ci mancherebbe altro. Ma è così, dicono gli ispettori del ministero della Salute che stanno indagando su quanto accaduto al Pio Albergo Trivulzio, che il Pat è diventato un focolaio della strage silenziosa, perché la Lombardia ha violato le disposizioni nazionali che chiedevano di non far entrare nuovi ospiti nelle Rsa. «Le disposizioni prevedevano che non entrassero dall’esterno possibili soggetti contagiati» ha confermato la sottosegretaria alla salute Sandra Zampa. E se c’è una cosa, una, su cui tutti sono d’accordo dall’inizio è proprio che gli anziani sono i soggetti più a rischio e da tutelare maggiormente. Può essere stato consigliato male Fontana, ma la responsabilità politica delle scelte è sua.

QUELLO DELLE RSA è anche un sistema economico. A chi ha accolto pazienti Covid la Regione ha pagato una retta da 150 euro al giorno, una cifra più alta di quanto pagano mediamente i familiari, tra i 70 e i 90 euro. Enti privati le Rsa, ma accreditati, inseriti nel sistema sanitario regionale e spesso, come nel caso del Trivulzio, controllati dalla politica. Secondo il rapporto annuale dei pensionati della Cisl Lombardia «la Regione non versa la quota sanitaria prevista per legge che dovrebbe essere pari al 50% della retta totale» dice Emilio Didonè, segretario regionale della Fnp Cisl Lombardia. «Così le rette per le famiglie sono sempre più care». In alcuni casi, come all’Auxologico di Milano, si arriva anche a 3 mila euro al mese.