Strage a Sana’a. «Con gli Usa così vicini all’Iran tutti sono nervosi»
Intervista Parla Roger Edward Owen, uno dei massimi esperti di Medio oriente
Intervista Parla Roger Edward Owen, uno dei massimi esperti di Medio oriente
Abbiamo raggiunto al telefono a Boston Roger Edward Owen, uno dei massimi esperti di Medio oriente, docente di Harvard e autore di alcuni dei capolavori sulla storia della regione, come State, power and politics in the making of the Modern Middle East.
La strage degli Houthi a Sanaa è forse un tentativo di Isis di aprire un nuovo fronte?
È possibile che i combattenti dello Stato islamico vogliano aprire un terzo fronte in Yemen. Il loro leader, al-Baghdadi, sembra estremamente intelligente e sente che i suoi uomini sono sotto pressione in Iraq. Se perdono Tikrit in Iraq è nel loro interesse creare altri problemi nella regione, specialmente alle guardie rivoluzionarie iraniane che si sono mostrate essenziali nella guerra contro lo Stato islamico in Iraq e in Siria. Qui ormai vige la regola secondo la quale l’amico del mio nemico a volte è mio amico e a volte è mio nemico.
Potrebbe trattarsi di un’intimidazione contro l’Iran alla vigilia dello storico accordo sul nucleare?
Gli Stati uniti sono così vicini all’Iran che ormai sono tutti nervosi. L’Iran ha tanti volti. Ci sono i negoziatori come il presidente Hassan Rohani, le guardie rivoluzionarie che combattono in Iraq e gli iraniani del Sud che sostengono gli Houthi in Yemen. Tanti in Iran non vogliono un accordo nucleare con gli Stati uniti. Molti in questa fase sono a disagio: i sauditi temono che Stati uniti e Iran si riavvicinino troppo. Altri due fattori non devono essere sottovalutati: il prezzo del petrolio è basso e i giovani volontari dell’Isis sono altamente motivati.
Lo Yemen è ormai spaccato in due e al-Qaeda non accenna ad indebolirsi.
Nel paese sono in corso conflitti multipli. Lo Yemen è nel pieno di una grave crisi idrica. La mancanza di acqua sta mettendo a dura prova l’agricoltura nel paese. Gli Houthi (sostenuti da segmenti dell’esercito, vicini all’ex presidente Abdallah Saleh, ndr) dopo aver raggiunto Sanaa sarebbero dovuti tornare nel Nord del paese e non lo hanno fatto. Invece sono andati oltre, sono più forti dell’esercito regolare. Questo sta spezzando gli equilibri interni al paese: è ora il tempo di negoziati per spingerli a tornare nel Nord del paese. Continuano poi gli attacchi degli Stati uniti con droni contro postazioni di al-Qaeda. Nonostante questo, nessuno pensa che una guerra sia imminente.
Eppure Is sembra sempre più forte, in molte circostanze imbattibile e in espansione?
Sembrano imbattibili ma in realtà sono stati sbattuti fuori da Mosul. I volontari di Is, anche se sono pochi, sanno combattere meglio nei centri urbani degli eserciti regolari. Questo perché i militari spesso non vogliono impegnarsi in combattimenti sul campo.
A questo punto i combattenti di Is sembrano non cedere neppure in Libia. I negoziati tra le due fazioni libiche (Tripoli e Tobruk con l’Egitto) hanno qualche chance?
Anche se venisse formato un governo di unità nazionale non potrebbe prendere il controllo del paese. La Libia è uno stato o era Gheddafi a renderlo tale? Ora è una terra piena di armi e contrabbandieri con flussi Nord-Sud e Est-Ovest. Mentre in Egitto è in corso una tremenda battaglia per il potere e al-Sisi non è in completo controllo perché lo stato profondo, rappresentato dagli uomini di Mubarak, sta mettendo a dura prova la sua tenuta.
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