Il silenzio che era una prerogativa degli Appennini, delle sue leggende e della contemplazione ispirata dai cammini, è diventato paura dopo il 24 agosto scorso, amplificato dal vento o dallo scricchiolio della finestra, il presagio dell’imprevedibile. Poi è arrivato l’altro silenzio, quello mediatico, che col passare dei giorni ha contratto la narrazione del terremoto rendendolo incautamente accessibile e quindi qualificabile. Un silenzio opposto al primo, incapace di empatia col luogo e con le persone e avallato dalla velocità nell’affastellarsi di altre notizie che schiacciavano l’effetto delle prime immagini dei crolli. UN FOCUS CHE ESCE dall’ordinario è quello di Silvia Ballestra...