Nel frontespizio della prima edizione stampata nel 1678 ad Amsterdam presso il libraio Jan ten Hoorn si vede una stele marmorea di stile antico. Entro una corona d’alloro, che allude alle glorie guerresche, una estesa dicitura spiega l’argomento di Storia degli avventurieri filibustieri tratta delle gesta memorabili compiute allora dai filibustieri nei mari d’America. Sono raccontate da Alexander Oliver Oexmeling (1645-1707) che a quelle imprese ha preso parte, medico imbarcato sui vascelli pirati al comando di alcuni tra i più famosi capitani, l’Olonese, Roc, Montauban, Laurent, Grammont.

Un insieme di otto incisioni distribuite in altrettanti riquadri arricchisce il frontespizio. Raffigurano scenari esotici di palmizi su coste ove bruciano città prese d’assedio, gli abitanti passati a fil di spada, saccheggiate. Colonne di fumo si alzano al cielo. Qui sono invece indiani seminudi che fuggono terrorizzati, inseguiti da pirati che brandiscono spade e uccidono. E qui, in un braccio di mare che può essere d’una rada tra un isolotto e un promontorio, numerosi velieri accostati e fitti si affrontano a colpi di cannone ed in arrembaggi all’arma bianca. Nell’immagine accanto, vedi pendere da un palo un torturato, le braccia legate sulla schiena. Cadrà presto a terra dove giacciono le membra sparse dei già suppliziati.

Ai due lati della stele celebrativa che abbiam detto, l’illustratore ha effigiato due filibustieri. Abbattono a colpi di spada l’uno un indigeno dal copricapo piumato; l’altro, mentre lo preme a terra col piede, un colono. Coloni e indigeni sono le vittime delle razzie, delle incursioni improvvise che volgevano in stragi efferate, tanto rapide quanto senza possibilità di scampo.
Poche cronache si posseggono, a mia conoscenza, altrettanto inesorabili ed esaurienti, se così posso dire, nel dar conto di una diffusa e perseguita pratica della violenza omicida, quanto queste che ci ha lasciato Oexmeling.

La loro lettura è un susseguirsi di imprese che, per raccogliere enormi ricchezze e conseguire con successo latrocini e rapine, debbono essere concepite e realizzate nel nessun pur minimo rispetto della vita umana. Ciascun uomo va considerato, nel calcolo dei filibustieri, come un corpo vulnerabile che è possibile abbattere e che, dunque, al fine di ottenere lo scopo che ci si è dati, se d’ostacolo, va, semplicemente abbattuto, tolto di mezzo. E meglio se proditoriamente, senza indugio e al primo colpo. Il filibustiere, dal canto suo, sa bene d’essere egli pure un corpo altrettanto vulnerabile, che nel corso d’una impresa può andare incontro a mutilazioni o alla morte.

Scrive Oexmeling che, stabilito tutti insieme l’obbiettivo da colpire, per quanto riguarda il bottino, «arrivano fra loro a un accordo che chiamano chasse-partie, per regolare la parte del capitano, del chirurgo e di quelli che rimarranno mutilati». I componenti dell’equipaggio usano unirsi due a due a che, in caso di morte dell’uno, l’altro ne goda il compenso. Trascrivo di seguito i risarcimenti previsti per le mutilazioni per come li elenca il nostro cronista. «Per la perdita di un occhio, cento scudi o uno schiavo. Per la perdita di due occhi, seicento scudi o sei schiavi. Per la perdita della mano destra, o del braccio destro, duecento scudi o due schiavi. Per la perdita delle due mani, seicento scudi o sei schiavi. Per la perdita di un dito o di un orecchio, cento scudi o uno schiavo. Per la perdita di un piede o di una gamba, duecento scudi o due schiavi. Per la perdita di entrambi i piedi o le gambe seicento scudi o sei schiavi».

In questa burocratica precisione dell’elenco, pare a me si possa comprendere l’animo del filibustiere più che in cento pagine che ce ne descrivano le gesta, quand’egli ci è presentato animato da una ferocia belluina, da una astuzia letale, da un coraggio senza illusioni.

Lo stesso disincanto lo muove allo sperpero fulminante d’ogni ricchezza conquistata, dilapidata subito, quasi operi per ridursi, quanto prima possibile, nello stato di necessità estrema che lo sospinga alla nuova sanguinaria razzia, al corpo a corpo senza esclusione di colpi.