«Tecnicamente il dottor Davigo era persona autorizzata a ricevere quegli atti, tale si era qualificato». È la frase chiave della difesa di Paolo Storari, il sostituto procuratore di Milano accusato di aver violato il segreto degli interrogatori dell’avvocato Amara, consegnando i verbali in cui si raccontava della presunta loggia “Ungheria” a Piercamillo Davigo, all’epoca della consegna (marzo-aprile 2020) ancora consigliere in carica del Csm. Davigo, dunque, avrebbe potuto rifiutare la consegna di quegli atti, dove tra le altre cose si accusava il suo compagno di corrente e collega al Csm Ardita, con il quale immediatamente interruppe una sperimentata amicizia. E invece li accettò, anzi come aggiunge l’avvocato di Storari, Paolo Della Sala al termine del primo interrogatorio avvenuto ieri mattina a Roma, «in tal senso aveva autorizzato il dottor Storari». Una linea di difesa che si avvicina a una chiamata di correità per Davigo.

Nelle due ore di confronto con i magistrati romani che lavorano a un segmento delle indagini scaturite dalle dichiarazioni di Amara, la parte che punta a individuare le responsabilità per la fuga di notizie – indagata c’è anche l’ex segretaria al Csm di Davigo, sospettata di aver fatto arrivare lei i verbali al Fatto quotidiano, a Repubblica e poi a un terzo consigliere del Csm di area davighiana, Di Matteo -, Storari ha confermato un dettaglio che può far spostare l’inchiesta a Brescia. Ha confermato infatti la versione fornita da Davigo l’altro giorno al procuratore di Roma Prestipino e ai suoi pm: la consegna dei verbali è avvenuta a Milano. Brescia ha già aperto un fascicolo visto che ha la competenza sulle toghe milanesi e in tutta evidenza qualcosa in quella procura non è andato come avrebbe dovuto – fino al punto che in prima battuta l’indagine sulla fuga dei verbali di Amara fu assegnata allo stesso Storari. I magistrati romani e quelli bresciani hanno stabilito di vedersi in videoconferenza all’inizio della prossima settimana per organizzare il trasferimento degli atti.

Storari è comparso ieri accanto al suo legale sulle scale della procura generale di Roma, di fronte castel Sant’Angelo, ed è rimasto in silenzio mentre l’avvocato ha insistito sul fatto che si tratta di un magistrato che gode della stima dei suoi colleghi. «Non ha provocato assolutamente niente – ha detto Della Sala – quello che tecnicamente è accaduto è che delle informazioni siano state comunicate a una persona autorizzata a riceverle, e a sua volta questa persona le ha veicolate all’interno di un organo istituzionalmente competente».

Le indagini dovranno chiarire proprio questo. Perché Storari non ha seguito i canali previsti per segnalare la presunta inerzia di Greco? Inerzia che, a suo giudizio, ritardava le indagini sulla loggia segreta (anche se le dichiarazioni di Amara sono state raccolte da dicembre 2019 a febbraio 2020 e la consegna a Davigo è intercorsa dunque appena uno o due mesi più tardi). L’avvocato Della Sala insiste così sulla totale buona fede di Storari – «tutto meno che un soggetto portato all’individualismo», ha detto, rispondendo all’ex procuratore di Milano Bruti Liberati che così lo aveva descritto. E ricostruisce una serie di scelte fatte in buona fede, paradossalmente proprio per tutelare il segreto dell’indagine. In questo percorso non ci sarebbe stata alcuna consegna di carte, nemmeno una nota scritta, da Davigo al vice presidente del Csm Ermini. Almeno, così ha detto ieri Ermini, smentendo il Fatt