Lo Stonewall Inn ora è un monumento nazionale presente in tutte le guide turistiche di New York ma 50 anni fa era un bar di proprietà della mafia frequentato dalla comunità Lgbtq, in quanto, all’inizio degli anni ’60, anche se l’omosessualità era legale nello stato di New York, gli enti che servivano apertamente l’alcol ai clienti gay erano considerati dall’Autorità statale dei liquori (Sla) “case disordinate” o luoghi in cui “pratiche illecite sono abitualmente praticate dal pubblico”.

Lo Sla rifiutò di rilasciare licenze di alcolici a molti bar gay, e molte licenze vennero revocate per “condotta indecente”. Nei locali rimasti aperti venivano fatte spesso irruzioni della polizia, e fu proprio durante una di queste irruzioni che, il 28 giugno 1968, la comunità Lgbtq decise di non subire passivamente gli arresti ma reagì fisicamente, respingendo l’irruzione delle forze dell’ordine tanto da mandare in ospedale più di un poliziotto, cosa che viene ora ricordata con un filo di orgoglio nella targa che la municipalità di New York ha messo a fianco al bar.

Le sere di quelli che ora sono conosciuti come “gli scontri dello Stonewall”, la popolazione del Greenwich Village, il quartiere di New York dove si trova il bar, scese per dare manforte alla comunità sotto attacco la tradizione di fare un corteo per ricordare l’orgoglio gay, arrivò già il mese successivo.