Chi lavora nel settore pubblico si rassegni, il blocco degli stipendi in vigore da quattro lunghi anni continuerà anche nel 2014. La notizia che arriva dalla commissione lavoro della Camera è questa, anche se Cesare Damiano, che la presiede, cerca di addolcire la pillola, con la richiesta al governo Letta di aprire le trattative soltanto sulla parte normativa dei contratti. «Ma senza modifiche legislative – risponde a stretto giro di posta un’arrabbiata Cgil – questa ’condizione’ è contraddittoria. Non ci si può limitare a una sola parte, soprattutto al quarto anno di blocco salariale, e poi dire che esiste una caduta dei consumi».
Tecnicamente le commissioni lavoro e affari costituzionali hanno dato il loro via libera con alcune prescrizioni al decreto presidenziale presentato dal governo, che con il ministro Gianpiero D’Alia ripete da settimane che non ci sono soldi in cassa per un rinnovo contrattuale triennale valutato – dallo stesso governo – circa 7 miliardi. I “paletti” che i deputati hanno fissato si limitano a chiedere che il congelamento salariale sia una tantum e non diventi misura strutturale. Come se, nei fatti, non lo fosse già da tempo. Quanto alla parte normativa, con onestà intellettuale lo stesso Damiano, Pd, ammette: «Qui si può ripartire subito, fermo restando che gli effetti della contrattazione si potranno esplicare solo dal 2015».
La replica di Corso Italia non sembra lasciare spazio a equivoci: «Un altro anno di proroga del blocco della contrattazione è inaccettabile – avverte la Cgil – e la manifestazione di sabato prossimo di Cgil Cisl Uil lo sosterrà con forza. Nonostante quattro anni di blocco salariale, con la perdita del potere di acquisto e la negazione di tutto il sistema contrattuale e delle relazioni sindacali, la commissione ha preferito esprimere un parere positivo su un provvedimento del governo Berlusconi». Poi approvato anche dal governo “tecnico” di Monti, e ora da quello “di larghe intese” di Letta. «Non ci sono le condizioni per reperire i sette miliardi che servono per rifinanziare il contratto per i prossimi tre anni», ripeteva ancora due giorni fa D’Alia. I quasi tre milioni di lavoratori del pubblico impiego, secondo il governo, dovranno farsene una ragione.