L’evento ci sarà, rutilante come nei desideri di Conte. Non sarà più domani: il primo giorno doveva essere riservato all’opposizione che però, dopo una certa esitazione, ha deciso ieri, previo vertice Salvini-Meloni-Tajani, di disertare. Motivo ufficiale: «La sede propria è il parlamento». Ragionamento reale: «Perché dare una mano alla sfarzosa messa in scena del governo, legittimandola con la nostra presenza?». Niente da fare, si passa a sabato.

Il premier non l’ha presa benissimo: «Mi sorprende questa scelta. Villa Pamphili è una sede istituzionale e averli convocati era un gesto d’attenzione nei loro confronti». Attenzione delegata al messaggino telefonico, sia chiaro. Senza bisogno di parlarne fosse pure al telefono. I gruppi di maggioranza, invece, saranno ricevuti oggi, dopo la raffica di incontri con i ministri degli ultimi giorni.Tajani, che tra i tre soci della destra era il meno ostile alla partecipazione, prova comunque a rilanciare: «Siamo disponibili a un confronto a palazzo Chigi prima degli Stati generali».

IL GRAN GIORNO SARÀ sabato. Scontata in partenza la partecipazione delle star italiane Sassoli, presidente del Parlamento europeo, e Gentiloni, commissario all’Economia (in video). Meno certo ma infine confermato l’intervento video della presidente von der Leyen mentre le pur massicce pressioni sulla presidente della Bce Lagarde non hanno ancora strappato un impegno sicuro.

Poi il governatore di Bankitalia Visco, il segretario dell’Ocs Gurria, la direttrice operative del Fmi Georgieva. Nel pomeriggio dibattito tra due blasonati economisti francesi, una dei quali, Esther Duflo, forte di premio Nobel. E’ spettacolo, ovviamente. Ma non si deve per ciò minimizzare. In politica anche la spettacolarità ha il suo peso e la presenza in forze della squadra europea tra i giardini di villa Pamphili un qualche aiuto all’Italia dovrebbe darlo.

FOSSE STATO PER CONTE, la kermesse si sarebbe chiusa lunedì, con la sfilata delle parti sociali italiane e, a seguire, l’impegno del governo a decidere tenendo conto del parere di tutti e di ciascuno. Il Pd si è opposto. Ha chiesto e ottenuto di allungare il brodo possibilmente per l’intera settimana prossima, in modo da dare proprio a tutti la possibilità di dire la propria.

Tra un’associazione e l’altra sono previsti ospiti di grido. Di chi si tratti è ancora incerto, non essendo ancora gli inviti neppure partiti. L’obiettivo del Pd, nel reclamare la prosecuzione degli Stati generali, è quello di ufficializzare una «posizione di ascolto».
Come si fa a fare un Piano preciso quando le incognite sono numerose come le stelle? Vediamo prima come vanno a finire i dossier aperti, robetta come Ilva, Atlantia, Aspi, Recovery Fund, Mes. Non significa che il governo si presenterà a mani del tutto vuote. Su insistenza di Gualtieri è passata l’idea di squadernare un Masterplan, da non confondersi con un Plan, limitandosi il primo agli orizzonti generali, senza scivolare nel dettaglio.

AD APRIRE LA SESSIONE italiana, lunedì prossimo, sarà Vittorio Colao. L’incidente diplomatico è stato in qualche modo chiuso. «Ci sarà e inizierà lui il confronto illustrando il senso della sua relazione. Ha fatto un buon lavoro anche se ha ricevuto molte critiche come è normale e quindi ci stanno», annuncia Conte.

In realtà l’imbarazzo di un progetto partorito da una task force nominata dal governo e applaudita dall’opposizione nel gelo della maggioranza resta tutto. Neppure a Renzi le 121 slide sono piaciute: il passaggio su controllo e limitazione del contante gli apre inaccettabile. E’ vero che nel Pd il capogruppo al Senato Marcucci invita il governo a fare proprio il parto della task force, ma nell’eterno gioco di posizionamenti e riposizionamenti del Nazareno il capo dei senatori è in questo momento impegnato a differenziarsi puntualmente dai vertici.

In realtà, con la dovuta diplomazia, neppure il Pd ha intenzione di considerare il Piano Colao più che un «utile contributo» e grazie mille, dottore.

QUALCOSA DI CONCRETO, però, a partire da lunedì, dovrebbe venire fuori. In particolare potrebbe essere annunciato un terzo intervento emergenziale in deficit, meno gravoso dei precedenti: una decina di miliardi in partenza ma si può star certi che un po’ lieviteranno. Per ora l’Italia ha chiesto ieri all’Europa il prestito Sure per le casse integrazione: 30 miliardi, 10 in più di quanto la Ue prevedeva per l’Italia. E il Mes, eterna nota dolente? A villa Pamphili Conte spera che se ne parli il meno possibile.