Doveva essere il vertice «risolutivo» secondo quanto aveva anticipato lo stesso presidente del Consiglio, è stato l’ennesimo passo falso della maggioranza sulla giustizia. A palazzo Chigi i rappresentanti dei partiti giallo-rossi non sono riusciti a chiudere l’accordo in modo da mandare finalmente la riforma del processo penale al Consiglio dei ministri, domani. E presentare l’immagine di una coalizione unita, alla vigilia delle cruciali elezioni regionali. Questo era l’intento ed è fallito. E se alla fine del vertice il Pd e il ministro della giustizia sottolineano comunque che c’è stato un passo in avanti, ma solo sulle novità da introdurre nel codice penale per provare ad accelerare i processi, è per fare ombra al vero e proprio stallo che si registra sulla prescrizione da ormai molti mesi. Ora che il Pd e Leu hanno trovato più o meno un accordo attorno al cosiddetto «lodo Conte» che limita la riforma Bonafede della prescrizione ai soli condannati in primo grado, a sflilarsi è Italia viva. Noi non ci stiamo, annunciava infatti Renzi in tv mentre il vertice era ancora in corso, «introdurre una differenziazione tra la condanna e l’assoluzione in primo grado viola i principi costituzionali».

Non è così, la replica del Pd Bazoli, «non pensiamo che sia incostituzionale, può essere integrata ma è una base di partenza utile». In qualche modo una conferma che il «lodo Conte» sarà corretto. Anche se il ministro Bonafede, pur sottolineando che «la distinzione fra assolti e condannati non è la mia proposta di partenza» – infatti nella norma che porta il suo nome e che è entrata in vigore il 1 gennaio la prescrizione è abolita per tutti, assolti o condannati, dopo il primo grado – ricorda che «questa distinzione è stata già introdotta nella scorsa legislatura da qualcuno che adesso solleva profili di incostituzionalità». Il riferimento è alla riforma Orlando, approvata durante il governo Gentiloni ma approdata in parlamento durante il governo Renzi. Riforma che pure aveva ricevuto critiche dalla dottrina penalistica, tra le più pesanti quella del professor Viganò, successivamente nominato giudice della Corte costituzionale.

La spaccatura nel vertice, malgrado i tentativi del presidente del Consiglio di convincere Italia viva a non rendere plateale il suo dissenso, non promette nulla di buono per la maggioranza in vista dell’approdo alla camera del disegno di legge di Forza Italia che cancella la riforma Bonafede della prescrizione. I renziani hanno già votato con l’opposizione in commissione e la prossima settimana dicono di essere pronti a rifarlo in aula, voti probabilmente non decisivi ma in ogni caso devastanti per la tenuta dell’esecutivo. Nel frattempo Iv, come Forza Italia e +Europa, ha presentato anche emendamenti al decreto milleproroghe per ottenere lo stesso effetto di far saltare la prescrizione modello 5 Stelle. Emendamenti che però potrebbero non passare la tagliola dell’ammissibilità.

«Ci vedremo ancora all’inizio della prossima settimana», hanno detto i rappresentanti del Pd uscendo dal vertice di palazzo Chigi. Le correzioni chieste da Italia viva dovrebbero arrivare entro martedì, giornata in cui sono previsti i voti alla camera sul disegno di legge di Forza Italia. Lo stesso giorno il ministro terrà a Montecitorio il suo annuale discorso di inaugurazione dell’anno giudiziario e non potrà eludere la questione.

Intanto ha presentato le sue proposte per accelerare i processi, che vanno da un leggero contenimento dei tempi di indagine a una stretta sul processo di appello (l’avvocato non potrà impugnare senza uno specifico mandato del cliente aggiornato a dopo il primo grado) alla previsione di sanzioni disciplinari per i magistrati che non rispettano i tempi prestabiliti dei processi (un anno in primo grado, due in appello e uno in Cassazione) a un’attenuazione dell’obbligatorietà dell’azione penale prevedendo priorità e facoltà di scelta delle procure. Nelle bozze del disegno di legge delega anche nuove norme sul Csm, allargato (da 24 a 30 componenti) ed eletto nella componente togate con una nuova legge maggioritaria a doppio turno, immaginando così di favorire le individualità sulle appartenenze di corrente.