Dal 2014 il Ministero dell’Ambiente, in collaborazione con la campagna Spreco Zero – Last Minute Market, ha istituito una giornata dedicata allo spreco alimentare, iniziativa in parallelo con quella internazionale promossa dalle Nazioni Unite al fine di aumentare la consapevolezza sulle conseguenze sociali, economiche e ambientali di uno dei frutti più guasti e indigesti della società del benessere e tema ormai imprescindibile se si ha come obiettivo la sostenibilità.

I numeri forniti dagli indicatori di spreco sono imbarazzanti: a livello mondiale si stima che ogni anno venga buttata una quantità di cibo del valore di 2.600 miliardi di dollari. La produzione di questo cibo mai consumato occupa il 30 per cento delle terre coltivate e contribuisce all’8 per cento dei gas serra. E se i costi ambientali dello spreco sono diffusi a livello planetario, le responsabilità sociali si concentrano in specifiche aree del pianeta, ovvero quelle del cosiddetto nord globale: il 39 per cento dello spreco annuale pro-capite è a carico del Nord America, il 31 per cento dell’Europa, dove si stima che vengano perse ogni anno almeno 88 tonnellate di cibo. Uno spreco che avviene lungo tutte le tappe della catena produzione/distribuzione, dopodiché gli studi di settore concordano nell’individuare, anche se con percentuali diverse, nella dimensione domestica una profonda voragine di spreco.

DA QUI L’IMPORTANZA DI MONITORARE anche i comportamenti delle persone: occorre infatti una svolta culturale per la riduzione dello spreco alimentare domestico che incide per il 50 per cento circa dello spreco complessivo del cibo sul pianeta; lo spiega l’agro economista Andrea Segrè, fondatore di Last Minute Market e fra i protagonisti della ottava giornata Nazionale di prevenzione dello spreco alimentare, che si svolgerà online con una serie di eventi (https://youtu.be/HB4na-wDIkk) e che quest’anno presenterà anche gli sviluppi di Waste Watcher, osservatorio dello spreco alimentare in Italia che ora diventa internazionale.

MA QUANTO SI SPRECA IN ITALIA? Secondo il rapporto Waste Watcher 2020 lo spreco di cibo a livello domestico in Italia vale 4,9 euro a nucleo familiare, per un totale di ca 6,5 miliardi di euro complessivi e un costo nazionale di circa dieci miliardi. Sempre Waste Watcher ha poi prodotto uno studio recentissimo (gennaio 2021) in collaborazione con l’Università di Bologna – Last Minute Market su dati Ipsos, che ci permette di entrare un po’ più nei dettagli di come, dove e quando gli italiani sprecano. Alle 1201 persone intervistate è stato chiesto di pensare a cosa e quanto era stato sprecato negli ultimi 7 giorni: ne è risultato uno spreco alimentare medio di 529,3 gr (dato in linea con le statistiche nazionali) che riguarda in particolare frutta e verdura, a seguire insalate, cipolle, tuberi e pane. Interessante la distribuzione geografica di questo spreco: al nord e al centro si spreca meno della media nazionale (rispettivamente -7 % e -8%), mentre al Sud si spreca +15 %. Lo studio traccia anche il profilo della famiglia “sprecona”: lo fanno di più rispetto alla media nazionale le famiglie numerose, appartenenti a ceti popolari e che vivono in città piccole. Il motivo principale per cui si spreca è la distrazione: ci si dimentica la scadenza dei prodotti, in alcuni casi non si fa differenza fra le diciture «scade il…» e «consumare preferibilmente…». Contano anche il fatto che frutta e verdura durino poco una volta portati a casa, l’acquistare troppo o aver valutato male le quantità effettivamente necessarie.

CHE UNA SBAGLIATA O ASSENTE PIANIFICAZIONE degli acquisti alimentari incida sullo spreco ce lo racconta anche quanto avvenuto durante la pandemia. Un’interessante ricerca esplorativa condotta da Ludovica Principato e Giovanni Mattia dell’Università di Roma Tre e da Clara Cicatiello e Luca Secondi dell’Università della Tuscia e pubblicata sulla rivista Socio-Economic Planning Sciences ha esaminato come durante il lockdown le famiglie italiane abbiano modificato la gestione degli acquisti di beni alimentari e dei consumi. Dal punto di vista dello spreco in casa è emerso un dato positivo: nel campione di 1078 famiglie che hanno spontaneamente partecipato alla ricerca, il livello medio pro-capite di spreco è sceso di 100 gr, e cosa interessante, questo avviene soprattutto nei giovani. Waste Watcher conferma: nel 2020 sono finite nella spazzatura 3,6 kg in meno rispetto al 2019. Si rendono necessarie ulteriori ricerche per individuare con precisione i fattori, dopodiché dallo studio si evince che pratiche quali la lista della spesa, una pianificazione anticipata e più accurata dei bisogni, il riutilizzo degli avanzi hanno giocato un ruolo chiave nella riduzione dello spreco domestico. Durante il lockdown si è rimasti di più a casa, ci si è concentrati sulla preparazione del cibo e si è ridotta la frequenza delle spese al supermercato: è stato il tempo quindi che ha permesso di recuperare un’attenzione da tenere a mente anche quando si tornerà ai ritmi normali.