Spotify fa male agli esordienti
Thom Yorke Attacco su Twitter contro la piattaforma streaming
Thom Yorke Attacco su Twitter contro la piattaforma streaming
Streaming. Un clic e ti si apre un mondo musicale, bastano pochi spiccioli o un po’ di pazienza nel sorbirsi qualche promo pubblicitario, se proprio lo vogliamo gratis… Spotify è il colosso del «solo ascolto, senza scaricare», con milioni di file musicali a portata di mouse. Ma tra gli artisti, c’è chi dice no come Thom Yorke, voce dei Radiohead leader degli Atoms for peace che stasera faranno tappa a Roma all’Ippodromo di Capannelle per PostePayrock in Roma e domani seconda e conclusiva tappa del breve tour all’ippodromo di San Siro, ng. La voce androgina del rock e dell’elettronica rilancia un tweet di Nigel Godrich, produttore e compagno di band negli Afp. «È un piccolo e insignificante gesto di ribellione» dice Godrich, ma «andava fatto. Spotify fa male alla nuova musica».
E non è stata una frase di circostanza, tanto che ieri mattina hanno tolto dalla piattaforma digitale prima The Eraser (il progetto solista di Yorke uscito nel 2009) e il recentissimo Amok, l’album del debutto del quintetto (gli altri tre sono Flea, Joey Waronker, Mauro Refosco). Un’operazione rischiosa perché oggi Spotify è una potenza, un’armata nel mondo musicale che non viaggia più nei negozi – ormai estinti – ma su quelli virtuali. Ci sono arrivati anche i Pink Floyd nelle scorse settimane, o chi cura le loro lucrosissime royalties. Ad oggi si calcola che Spotify abbia fatto intascare qualcosa come 250 milioni di dollari in diritti d’autore. Ma è ovvio, che a guadagnarci sono solo in pochi, gli emergenti si spartiscono gli spiccioli. Ed è questa l’accusa mossa da Godrigch e Yorke: «A farne le spese è l’arte» un’accusa che rimbalza poi sui social network, verso «i vecchi manager, che stringono in una morsa il sistema della distribuzione» mentre le «piccole etichette non riescono neppure a tenere accese le luci». Il punto è che «incidere album costa caro», un sistema che premia solo le major con un infinito catalogo. «Se la gente, nel 1973, avesse ascoltato i Pink Floyd su Spotify piuttosto che comprare il disco, dubito che avrebbero potuto realizzare The dark side of the moon. Sarebbe stato troppo costoso».
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