Domani il governo indicherà le «zone rosse mirate» dalle quali non si potrà entrare o uscire, secondo il modello della prima fase della crisi di primavera. Nella stessa giornata dovrebbe essere varato, previo intervento di Giuseppe Conte in parlamento con tanto di voto, un nuovo Dpcm con nuove misure restrittive nazionali. Escluso per ora, o meglio rinviato, il ricorso immediato a un lockdown nazionale. Ma per inventare ulteriori restrizioni oltre a quelle dell’ultimo Dpcm senza arrivare al lockdown generale ci vorrà un notevole sforzo di fantasia.

LA DECISIONE È STATA presa nel vertice fiume di ieri tra il premier, i ministri direttamente coinvolti, i capidelegazione e i rappresentanti del Comitato tecnico-scientifico. Sino all’inizio del vertice i tempi del governo sembravano più rilassati. Conte assicurava di star lavorando «per capire se si deve intervenire ancora». Di Maio era meno titubante, «ci sono riunioni incessanti per il prossimo Dpcm, sicuramente più restrittivo», ma la ministra degli Interni Lamorgese non azzardava tanto: «Vediamo come va l’ultimo Dpcm, poi ne riparliamo». Se i ministri tutti si fossero seduti a tavolino per decidere come restituire l’immagine di un governo in balia del virus, incapace di muoversi con drasticità, impastoiato dalle divisioni tra ministri, dal contrasto con le regioni, dall’ossessione del consenso, non ci sarebbe potuto riuscire meglio.

MA IL VIRUS INCALZA, il conto delle vittime s’impenna e arriva a 297 morti in 24 ore, il Comitato tecnico-scientifico si fa portavoce dell’urgenza. La tabella di marcia che prevedeva l’intervento di Conte in parlamento mercoledì, appuntamento già fissato, e poi la decisione del lockdown venerdì prossimo frana. Conte decide di anticipare a domani il confronto con il parlamento, stavolta, per la prima volta, sperando davvero di coinvolgere le opposizioni di fronte alle quali aveva sin qui sbarrato le porte.

Chiama i presidenti delle camere e chiede di individuare una sede di confronto comune, magari una cabina di regia come quella fallita, anzi fatta fallire in modo bipartisan, in primavera. L’obiettivo è condividere le responsabilità di scelte impopolari, ma anche questa offerta rischia di arrivare troppo tardi.

IN SOSPESO INVECE il lockdown. Conte conserva la speranza di evitare quel che è probabilmente inevitabile e in ogni caso punta sulla progressione per smussare il dissenso. Spunta così l’ennesima trovata di mediazione. Subito le comunicazioni in parlamento e un Dpcm per introdurre maggiori restrizioni su tutto il territorio nazionale contestualmente all’introduzione delle zone rosse, poi, se necessario, il lockdown nel prossimo weekend. Una tabella di marcia che ricalcherebbe quella adottata nel marzo scorso prima della chiusura generalizzata ma che ora rischia di rivelarsi ancora una volta in ritardo sui tempi del contagio.

Le decisioni finali, sia su quali zone del Paese blindare subito, sia su quali misure introdurre subito, sia infine sul lockdown verrà comunque presa solo nella girandola di riunioni in programma per oggi: stamattina il vertice tra i ministri della Salute e delle Regioni, con i presidenti di regione, nel primo pomeriggio il vertice dei capidelegazione e dei ministri direttamente coinvolti, allargato ai capigruppo di maggioranza.

NON SARÀ UNA PASSEGGIATA. A proporre le zone rosse sarà il Cts, poi però bisognerà trattare con le regioni, mentre il braccio di ferro sul Dpcm e sulla chiusura delle scuole terrà banco nel vertice di maggioranza. La decisione per quanto riguarda Milano è in realtà già presa, ma per farla scattare bisognerà aspettare il vertice di domani tra il presidente Fontana e i principali sindaci lombardi. Il Cts insiste però anche per chiudere Napoli, ipotesi rifiutata apparentemente senza margini di mediazione dal governatore De Luca. Le regioni che rischiano il blocco degli spostamenti sono soprattutto Lombardia, Piemonte e Calabria, ma la mappa a macchia di leopardo delle zone rosse inter-regionali si allarga su tutta la penisola.

Ai governatori verrà lasciata la facoltà di irrigidire le misure. Il nodo centrale è come al solito la scuola. La ministra Azzolina fa di tutto per bloccare il ricorso generalizzato alla Dad ma l’eventualità che in molte regioni se non in tutte, si allarghi alle medie e in alcuni casi persino alle elementari e alle materne è quasi una certezza. Lo studio pubblicato da Lancet che attribuisce alle scuole oltre il 24% dei contagi è definitivo.