Affronto politico-mediatico: due star gay dello sport statunitense vengono chiamati a rappresentre la delegazione olimpica per i Giochi invernali di Sochi, al via il 7 febbraio prossimo, in risposta alla legge anti propaganda omosessuale varata dalla Duma. Con Putin che risponde: niente interferenze a casa mia. Una tempesta da Guerra Fredda, a 50 giorni dalle Olimpiadi russe. Stavolta lo sport ha fallito. Niente strumento di tregua tra Paesi – come il ping pong che avvicinava Repubblica Popolare Cinese e Stati Uniti agli inizi degli anni 70 – ma propellente di un conflitto maturato negli ultimi mesi. All’inaugurazione dei Giochi sul Mar Nero, il 7 febbraio 2014, Obama non ci sarà. Neppure la first lady Michelle. E nessuno dell’amministrazione statunitense. Lo stesso avevano deciso il presidente francese Francois Hollande, il tedesco Joachim Gauck, la commissaria europea Viviane Reding, con Parigi e Berlino che tengono Mosca sotto il radar per le violazioni dei diritti umani. Ma la decisione americana ha un altro peso. I nomi selezionati per la missione russa hanno un peso. Billie Jean King, mito del tennis femminile (12 successi nei tornei del Grand Slam) è un’icona del movimento omosessuale statunitense.
E’ stata la prima atleta a dichiararsi apertamente gay 32 anni fa, in seguito a una disputa legale con la sua ex partner, Marylin Barnett. Per la tutela dei suoi diritti civili, per vivere liberamente la sua sessualità, ha rischiato anche la bancarotta finanziaria. In pochi mesi, ha visto sparire gli sponsor che aveva, da milioni di dollari. Chiuse per lei le porte dello sport business, la campionessa scendeva in campo per pagarsi le spese legali.
E per la chiusura dei Giochi invernali Obama ha messo l’asso sull’olimpionica di hockey su ghiaccio Caitlin Cahow: anche lei lesbica. Il suo coming out risale a tre anni fa. Dall’ex avvocato di Chicago, è arrivata così un’istantanea a uso e consumo del mondo: la sfida aperta a Vladimir Putin, al ruolo internazionale della Russia, che discrimina gli omosessuali. Russia che si scaglia contro gli “pseudo valori occidentali” per bocca dello stesso Presidente : la replica non vale mai l’originale e Vladimir Putin pare aver accusato il doppio colpo di Obama. Putin è sotto il radar anche per le condizioni disumane che avrebbe imposto ai lavoratori immigrati reclutati in massa per la costruzione degli impianti sportivi. Mentre continuano a infuriare dure critiche da Ong, da attivisti dei diritti umani. Una pessima pubblicità per l’evento sportivo, assieme ai Mondiali di calcio 2018, voluto fortemente dal Presidente russo, la cartina di tornasole del suo immenso potere, con fiumi di rubli, denaro rastrellato tra pubblico e privati, che hanno rivoltato come un calzino la località sul Mar Nero. Impianti nuovi di zecca, tonnellate di neve artificiale, anche una pista da Formula Uno – sarà battezzata dal Circus nel 2014 – a poca distanza dal Villaggio olimpico. La provocazione di Obama, un segnale cristallino: l’America non porge l’altra guancia alla Russia che prova continuamente a testare la sua capacità d’influenza sul piano internazionale. Scudo, atomica, questioni commerciali, ospitalità offerta a Edward Snowden, il mancato incontro tra i due leader al G20 estivo di San Pietroburgo, il braccio di ferro sulla questione siriana che ha visto prevalere Putin, in convergenza con la posizione della Santa Sede. E una sfida aperta al Cremlino sul terreno dei diritti dei gay. Anche nel corso dell’ultimo G20, Obama aveva avuto un incontro con i rappresentanti delle comunità lgtb russe. Non c’era all’orizzonte alcun boicottaggio americano a Sochi, ma Obama rafforzava la posizione anti russa sulla normativa anti gay nel talk alla Nbc Jay Leno Show. Concetti ribaditi anche durante la commemorazione di Nelson Mandela: «le persone nel mondo sono ancora perseguitate a causa delle idee politiche, della religione, del colore della pelle e di chi amano».
E la scelta de capo della Casa Bianca di inserire nella delegazione Billie Jean King riflette il successo della campagna lanciata dalle associazioni lgbt per ottenere che nella delegazione fossero incluse persone omosessuali. Con ritorno assicurato anche nei consensi in patria: le scelte sono state definite «un colpo di genio» dall’editorialista sportiva di Usa Today, Christine Brennan, mentre Human Rights First, ong in prima linea nella difesa delle libertà fondamentali, scriveva di «un messaggio positivo di tolleranza e rispetto alla comunità lgbt in Russia, e anche alle autorità russe».