La natura emozionale, pubblica e popolare dello sport, rende questo fenomeno rilevante per le relazioni politiche internazionali. Il pretesto del ping-pong, suggellò un incontro nel 1972 tra Ciou-En-Lai e Kissinger per sancire la ripresa della relazioni internazionali tra la Cina e gli Usa .
Lo sport è un’attività priva di una valenza politica intrinseca, perciò in virtù della sua natura neutrale qualunque regime può veicolare le proprie ideologie o le proprie politiche attraverso lo sport e trasformarlo in palcoscenico internazionale.

L’uso dello sport in chiave diplomatica può avere anche una valenza di boicottaggio, consente di esprimere disapprovazione nei confronti di un Paese e delle sue politiche senza correre rischi bellici. Accadde in occasione delle olimpiadi del 1980 a Mosca, quando i Paesi della Nato boicottarono l’appuntamento olimpico per protestare contro l’invasione dell’Afghanistan da parte dell’Urss nel 1979. Alle olimpiadi di Los Angeles del 1984, per ritorsione non parteciparono i Paesi del Patto di Varsavia.

A volte lo sport è stato usato come grimaldello di tensioni già esistenti, come accadde nella ex Jugoslavia all’inizio degli anni ‘90.
In tempi più recenti, lo sport ha rappresentato un canale alternativo alla diplomazia internazionale, facilitando aperture tra paesi in conflitto o divisi. La partecipazione della Corea del Nord ai Giochi invernali, svoltisi a Pyeongchang nel 2018, è stato visto come elemento di riavvicinamento tra le due Coree e preambolo di incontro dapprima tra i presidenti Kim Jong Un e Moon Jae-in e poi tra Trump e Kim Jong.

Lo sport ha anche una valenza nel quadro delle potenze internazionali. In alcuni contesti, le vittorie nelle competizioni sportive, possono essere utilizzate per dimostrare la superiorità di un sistema politico-ideologico, come accadde nella Germania dell’Est per legittimarsi a livello internazionale, e più recentemente lo scandalo che ha riguardato 91 atleti inglesi per l’assunzione di un prodotto chimico non in commercio, a base di chetoni, allo scopo di dominare le olimpiadi di Londra del 2012.

Putin due anni dopo consolidò la sua ascesa ordinando incetta di medaglie con ogni mezzo ai Giochi invernali di Sochi del 2014, compreso il doping di Stato, che è costato alla Russia l’esclusione dalle olimpiadi di Rio del 2016 e dalle maggiori competizioni sportive internazionali. Sarà lo stesso per l’Inghilterra? E a proposito di Rio e dei mondiali di calcio disputatisi in Brasile nel 2014: sarebbe toccata sorte diversa a Dilma, se la nazionale verdeoro avesse conquistato il titolo mondiale, anziché naufragare contro il 7-1 della Germania? La risposta è di Eric Hobsbawn: «Le comunità immaginate di milioni, sembrano più reali in una squadra di undici persone. L’individuo, anche quello che fa solo il tifo, diventa un simbolo della nazione».

Per uscire dal quadro planetario, in che modo lo sviluppo dell’attività internazionale dello sport italiano è stato influenzato dalle relazioni internazionali? La risposta la troviamo in un libro di un giovane e valido studioso Nicola Sbetti Giochi diplomatici Sport e politica estera nel secondo dopoguerra (Fondazione Benetton Studi e Ricerche/editrice Viella, euro 30).

L’autore analizza l’influenza che ebbero l’eredità del fascismo e la Guerra Fredda nella ripresa internazionale dello sport italiano. Perché l’Italia dopo la seconda guerra mondiale, a differenza della Germania e del Giappone, fu ammessa alle olimpiadi di Londra nel 1948? Dopo l’8 settembre del ‘43 l’esercito volse lo sguardo agli inglesi e agli americani. Quale ruolo ebbero i primi governi della giovane Repubblica italiana, nell’uso dello sport come strumento di politica estera? Le vittorie di Fausto Coppi e Gino Bartali al Tour de France e le imprese calcistiche del Grande Torino, contribuirono non poco a migliorare l’immagine internazionale dell’Italia.

Il volume ripercorre il lungo cammino dello sport azzurro dall’isolamento dell’immediato dopoguerra, in cui lo sport italiano fu messo in quarantena, alle olimpiadi di Roma ‘60.
Il primo Paese a riaprire i contatti sportivi con l’Italia dopo il ‘45 fu la Svizzera, ma solo dopo aver firmato un accordo commerciale. La Francia avviò relazioni atletiche dopo aver risolto le questioni di confine sul fronte occidentale. L’Austria attese gli accordi sul Sudtirolo De Gasperi- Gruber, prima di riprendere i rapporti sportivi con l’Italia.

Nicola Sbetti concentra i suoi studi sugli appuntamenti sportivi più rilevanti, come le olimpiadi invernali di Cortina del 1956 e le olimpiadi del 1960 svoltesi a Roma. Giulio Andreotti, sottosegretario agli Esteri, in un discorso al Comune di Cortina così si esprimeva: «Non posso dimenticare un episodio dell’anno scorso quando ebbi occasione di trovarmi in Egitto al Cairo, per l’inaugurazione della Mostra del libro italiano…Ho visto la mattina dell’inaugurazione il Re d’Egitto e la prima cosa che ha fatto è chiedere dov’è Cortina?». È ancora Giulio Andreotti, sottosegretario nel governo De Gasperi, a scrivere nel 1948 ai dirigenti del Milan, per aver sottoscritto un accordo con la Turchia per tre amichevoli da tenersi il 9, il 12 e il 16 maggio, ma i rossoneri adducendo pretesti di mancato versamento della somma pattuita non partirono:

«Ambasciata italiana in Ankara assicura che circoli sportivi turchi hanno provveduto al trasferimento di fondi pattuiti per le spese squadra Milan. Sono sicuro che dopo tale precisazione codesta società manterrà impegni assunti». A lavare l’onta provvide la Triestina, dietro cui vi furono pressioni informali del governo De Gasperi, il presidente Leo Brunner era iscritto alla Democrazia Cristiana.
Il volume di Sbetti Giochi diplomatici, frutto di una gran mole di documenti, ha l’inconveniente delle 464 pagine, ne basterebbero la metà per incuriosire i lettori sulla politica estera sportiva italiana tra il 1943 e il 1960.
Attendiamo un secondo più snello sui decenni successivi, in particolare i Sessanta e i Settanta, i più politici dello sport azzurro.