Il mondo contemporaneo sembra sancire che non esista più quasi soluzione di continuità tra la vita e la morte. L’aveva capito bene, più di cento anni fa, Edgar Lee Masters quando stilò i referti degli abitanti di Spoon River, proprio laddove, nel cimitero sulla collina, i morti sembrano più vivi dei vivi stessi. E se più tardi tale condizione si vedrà pestata ancor più sui palcoscenici di mezzo mondo, oggi tra realtà virtuali e intelligenze artificiali viene definitivamente abbandonata come metafora di un colloquio non più interiore, ma di diffusione «social».

In mezzo a questo guado, ancora indistinguibile nei suoi passaggi già cruciali da un tempo all’altro, l’Antologia di Spoon River continua il suo percorso editoriale e di successo conquistando anche nel XXI secolo nuovi lettori, al di là delle profezie del suo autore e delle letture trasversali che se ne possono dare (e fidatevi sono molte e delle più disparate, alcune suscitate dallo stesso scrittore dell’Illinois).

Ce lo dice e lo testimonia la ristampa, in questo inizio 2024, dell’edizione integrale con nuova traduzione e commento di Alberto Cristofori, pubblicata da La nave di Teseo a fine dicembre del ’22, quasi in concomitanza con gli ottant’anni dalla prima leggendaria traduzione italiana di Fernanda Pivano, suscitata dai solleciti di Cesare Pavese. Intanto, Cristofori, che all’attivo traduzioni di sceneggiature e romanzi di Tarantino, McGrath, Winslow, è tornato sulla poesia di Masters curando per la nuovissima casa editrice di Piacenza (Low), una scelta, tradotta e commentata, de La nuova Spoon River, prosecuzione meno fortunata del libro precedente. Ma, allo stesso modo, prova di una sincera devozione a un certo modo di far letteratura, molto moderno, del suo autore. A metà dello scorso novembre l’abbiamo incontrato nella sua casa del quartiere Lambrate di Milano mentre attendeva alla riscrittura contemporanea del Decamerone di Boccaccio, in uscita per la nave di Teseo il prossimo Natale. «Ho incontrato per la prima volta l’Antologia di Spoon River ascoltando l’ellepi di De Andrè. Avevo 14 – 15 anni. Ovviamente ho letto la traduzione classica della Pivano, da cui poi De Andrè trasse le canzoni del disco. E non mi è parso un caso che allora, grazie al successo di Non al denaro, non all’amore né al cielo, venisse pubblicata una nuova traduzione dell’Antologia curata da Letizia Ciotti Miller». Per giunta quell’edizione economicissima, pubblicata dalla Newton Compton fu doppiata cinque anni dopo, nel 1979, dalla pubblicazione per la prima volta del Nuovo Spoon River.

Inoltre l’Antologia ha avuto nel corso degli ultimi anni altre traduzione, benedetta la scadenza di diritti, e si segnalano quelle di Luigi Ballerini per gli Oscar Mondadori, del joyciano Enrico Terrinoni per Feltrinelli e andando indietro agli anni ’80, c’è quella molto teatrale di Antonio Porta, oggi ristampata da Il Saggiatore. E ancora quella di Alberto Rossetti «Aggiungo che i traduttori del Nuovo Spoon River, Umberto Capra e Attilia Lavagno, non mi dicono tutt’oggi granché. Era una traduzione fatta in fretta e furia e come ho appurato conteneva numerosi errori. Per la mia ho scelto di non tradurlo interamente, ho inteso operare una scelta, accompagnata da un’introduzione e da una nota biografica di Masters. Ciò s’inquadra anche come prosecuzione del discorso cominciato con la traduzione dell’Antologia. E a ogni modo, il suo successo popolare, è sempre un libro di poesia, è un dato di fatto incontrovertibile e non del tutto scontato per un libro fondamentalmente di versi».

Un altro fatto, andando alla storia di questo libro, è che Masters ne rimase ingabbiato tanto che la sua fama, nel bene e nel male, restò legata solo all’Antologia. Di certo nel libro vi è molta biografia del poeta medesimo. «Una delle ragioni che mi ha spinto a intraprendere la traduzione di un classico come è quello di Masters risiede nella possibilità avuta di corredare gli ’epitaffi’ di un commento. Quindi di un’interpretazione che fosse prevalentemente critica. E aver così la possibilità di ricostruire anche la temperie culturale del suo tempo e le sue letture. Nonché le spinte filosofiche e spirituali che lo indussero a scrivere un’opera in una forma originalissima». «Qui si rileva l’importanza di Masters ed è la chiave interpretativa per leggerlo, come poeta civile. Non è più cronaca, ma interpretazione storica dell’America dalla Guerra di Secessione fino alla Prima Guerra Mondiale».