Ancora due settimane, più o meno, e chi ha la seconda casa in una regione diversa da quella di residenza potrà rivederla, arieggiarla, ripulirla da polvere e ragnatele che in nostra assenza fanno sempre una gran festa. I fortunati che non sono legati a lavori stanziali o a prole con prove d’esame probabilmente benediranno la seconda dimora che, essendo di solito in ameni paesaggi, permetterà quest’anno più che mai un’estate tranquilla. Su poco più di 56 milioni di unità immobiliari di proprietà in Italia, che comprendono pertinenze tipo garage e rimesse, il rapporto 2017 sugli immobili (redatto da Dipartimento delle finanze e Agenzia delle Entrate) calcola che 20 milioni siano le prime case e circa 6,5 le seconde, numero che dà l’idea di quante persone possano attendere il fatidico 4 giugno con impazienza, ma anche un pizzico di timore.

Una recente indagine di una compagnia di assicurazioni (Sara) dice che per gli italiani la seconda casa, oltre a rappresentare meta di vacanza, forma di investimento o fonte di reddito, è anche un grattacapo così distribuito: il 37% dei proprietari ha paura di danni, il 33% teme la svalutazione, il 27% i furti. In effetti, non è piacevole arrivare carichi di valigie e pronti a godersi le ferie e scoprire che c’è stato un allagamento o si è rotto lo scaldabagno. Sui furti poi si potrebbe raccogliere un cahier de doléance. Mi viene in mente il racconto di un’architetta di Monza che aveva una cliente con masseria di vacanza in Puglia. Ogni anno, appena arrivata, la trovava completamente svuotata dei mobili. Stufa di dover riacquistare ogni volta letto, tavolo e annessi, chiese all’architetta di risolvere il problema. L’architetta prontamente costruì tutto il costruibile in muratura, dalla cucina agli armadi e le ruberie terminarono. Ci sono ladri che si accontentano di meno o che, scegliendo gli oggetti da sottrarre, lasciano un ritratto di sé. A degli amici che affittano una casa in Liguria negli anni sono spariti: un enorme mortaio di pietra, un grosso libro sui nodi, torce da fronte, giacche a vento e un binocolo. Proust e l’Odissea li hanno lasciati dov’erano.