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«In tutti i paesi il Libro Bianco è sempre uno strumento del governo». Il giorno dopo è direttamente la ministra della difesa Roberta Pinotti a confermare la lettura del comunicato del Consiglio supremo della difesa che aveva dato ieri il manifesto. Che in pratica aveva risposto picche alla commissione difesa della camera che rivendicava l’ultima parola del parlamento sui programmi di investimento nei sistemi d’arma. Ieri due deputati di Sel, Donatella Duranti e Giulio Marcon, hanno definito «inaccettabile» l’impostazione arrivata «a gamba tesa» dal Quirinale, perché «il libro bianco non è di proprietà del governo, o degli stati maggiori, ma uno strumento richiesto, sin dall’inizio della legislatura, dai parlamentari che hanno rivendicato la centralità delle camere nel produrre le linee guida della politica di difesa e degli armamenti». Neanche per sogno, è stata la secca replica della ministra, il parlamento, tutt’al più, «può fare documenti, approfondimenti, su quello che discenderà dal libro bianco».