Una giornata intera dedicata a placare la rivolta delle regioni. Roberto Speranza, ministro della Salute, è partito in mattinata con l’informativa alla Camera e ha chiuso in serata in videoconferenza con i governatori che avevano chiesto di incontrarlo.

L’obiettivo di Speranza era richiamare i ribelli alla realtà e alla necessità del nuovo Dpcm («se non fermiamo la curva il personale sanitario non reggerà») che consente di «intervenire proporzionalmente alla reale condizione delle regioni senza stressare con misure uguali territori che si trovano in condizioni differenti».

«Lo spirito con cui ci muoviamo è l’esatto opposto rispetto ad uno spirito punitivo. Ci sono dei limiti che la battaglia politica, anche la più aspra, non deve mai superare», l’appello del ministro, che ha ricordato come i dati che vengono elaborati «sono forniti dalle regioni» e che il meccanismo è in vigore da 24 settimane «senza che nessuno abbia mai sollevato obiezioni». «Lasciamo fuori dalla battaglia politica le questioni scientifiche, altrimenti saremo più deboli di fronte al virus», ha detto Speranza, ricordando che sulla decisione di collocare una zona in area gialla o rossa «non ci sono trattative ma semplicemente scambi di informazioni».

«NON STIAMO DANDO SCHIAFFI a nessuno e non c’è la volontà di penalizzare qualcuno», gli ha fatto eco il premier Giuseppe Conte, rispondendo all’accusa lanciata da giorni dal governatore lombardo Attilio Fontana. «Il virus è un treno che corre e se non ne fermiamo la velocità rischia di venirci addosso», ha aggiunto il premier. «Ma confidiamo che le restrizioni siano limitate a qualche settimana».

Speranza ha ribadito i concetti di fronte ai presidenti riuniti in videoconferenza. Un incontro definito «positivo» da fonti di governo. Anche nell’interlocuzione con i presidenti più arrabbiati, Fontana, il piemontese Cirio, Nino Spirlì della Calabria. Che hanno lamentato il fatto che il colore delle regioni sia stato affibbiato in base a dati vecchi, e il deficit di dialogo. Oltre alle difficoltà di spiegare ai cittadini le ragioni del lockdown selettivo. «I sacrifici si capiscono se li fanno anche gli altri», ha detto Cirio. Anche l’assessore lombardo Giulio Gallera ha ribadito la richiesta di misure uguali in tutta Italia.

Speranza ha assicurato che dai prossimi giorni il sistema entrerà pienamente a regime e – si spera- il meccanismo sarà più fluido: ogni settimana il colore di una regione potrà peggiorare a seconda dei dati. Mentre per uscire dalla zona rossa o arancione ci vorranno due settimane.

GUERRA FINITA? Per il momento si può parlare di tregua. Tanto che nessuno ha più parlato di ricorsi al Tar contro il Dpcm. «Abbiamo condiviso con il ministro la necessità di un esame congiunto dei dati, utile a favorire le decisioni finali», la sintesi di Stefano Bonaccini, presidente della conferenza delle regioni. «Ma no a spinte centraliste che non sono la risposta in questa grave crisi sanitaria».

Uno stop, quello di Bonaccini, rivolto a chi come il numero 2 del Pd Andrea Orlando (ma anche Luigi di Maio), aveva criticato l’eccesso di autonomia delle regioni. «Si è affermato il principio – le parole di Orlando – che si è federalisti quando le cose vanno bene, centralisti quando vanno prese misure impopolari. Questa cosa dà un colpo forte alle richieste autonomiste». La spinta per ridurre l’autonomia delle regioni, o per introdurre una «clausola di supremazia» dello Stato centrale arriva anche dal ministro Francesco Boccia, dal M5S e dai renziani. Mentre la Lega fa muro.

SPERANZA HA SPIEGATO che tra oggi e domani la cabina di regia si riunirà per analizzare i nuovi dati (il consueto punto del venerdì è stato rinviato), quelli della prima settimana di novembre. Tra domani e lunedì prevista la nuova ordinanza, che potrebbe portare nuove regioni in zona arancione o rossa. Non a decisioni sulla città di Napoli, dopo che ieri il tecnico Walter Ricciardi ha evocato un lockdown sotto il Vesuvio. «Quella è una decisione che compete al governatore della regione», spiegano dal governo.

De Luca, dal canto suo, si è rivolto ai campani chiedendo «di comportarsi come se ci fosse il lockdown, anche se non c’è». E proprio la Campania è una delle aree più a rischio di una nuova stretta, insieme a Veneto e Liguria. Potrebbero uscire dalla zona gialla per colorarsi di arancione. O forse di rosso. A Bolzano hanno già chiuso, senza aspettare le decisioni di Roma.