La prossima legge di Bilancio? La ricetta del ministro Calenda e della Confindustria di Boccia, che vorrebbe concentrare le risorse sulle imprese, per la minoranza Pd non è corretta e comunque è insufficiente. «Servono sì degli investimenti, anche privati, volti a crescita e occupazione, ma la priorità si deve dare al pubblico: scuola, università, sanità, attenzione alla fasce deboli – spiega Roberto Speranza – Credo che la partita del Pd, del governo, dello stesso Renzi, nei mesi a venire si giochi di più su questi temi che non sulle riforme istituzionali».

Il premier vi attacca sulla questione tasse: è assurdo che la minoranza Pd, dice, non concordi sulla necessità di abbassarle.

Il dibattito sul fisco è serio e complesso, non si può limitare a battute o caricature. Noi stiamo solo facendo notare a Renzi che l’abbassamento delle tasse non è mai neutro politicamente: l’anno scorso ad esempio abbiamo fatto l’errore di togliere la tassa sulla prima casa anche ai miliardari, con il paradosso che chi ha redditi molto alti si è visto riconoscere dallo Stato uno sconto anche di migliaia di euro, mentre chi non ha casa o vive in periferia ha avuto vantaggi zero o minimi. Una sorta di Robin Hood al contrario, insomma, mentre io ricorderei quanto diceva Don Milani: «Far parti uguali tra diseguali è una grande ingiustizia». Ma iniquità a parte, lo sconto fiscale rende molto meno degli investimenti in termini di crescita: secondo gli studi più importanti, se tagli le tasse hai un moltiplicatore di 0,8, mentre se investi ne hai uno di 2,5-3. Una bella differenza.

Quindi secondo voi bisogna fare una manovra tutta di investimenti.

Io darei assoluta priorità agli investimenti. Basta con i bonus, puntiamo su scuola, università, sanità, infrastrutture. E qualora si decida di tagliare le tasse, lo si faccia seguendo sempre il principio di progressività.

Basta quindi anche con gli 80 euro?

Non sono d’accordo con chi banalizza gli 80 euro: è stata un’operazione per dare maggiore capacità di consumo a milioni di persone. Ho alcuni amici operai che lavorano alla Fiat di Melfi: mi hanno detto che la loro busta paga è passata dall’avere il 9 davanti, all’1, cioè ha superato soglia mille euro. È stato certamente un provvedimento in linea con i nostri valori, ma dico che oggi quegli stessi soldi ci darebbero molto di più, sul piano della crescita, se li mettessimo sugli investimenti.

Cesare Damiano ha messo in guardia sulle ricette di Calenda e Confindustria: teme che mettendo tutto sugli investimenti si dovranno sacrificare contratti pubblici e pensioni.

Ripeto, investimenti è parola da declinare in termini larghi: pubblico e privato insieme. Se il Censis mi dice che 11 milioni di persone non si curano perché non ce la fanno a pagare le spese mediche, io ho il dovere di rafforzare la copertura universalistica. Così è con la scuola: incontro tanti insegnanti delusi dalla riforma di questo governo, è una rottura che dobbiamo recuperare. Non credo che investire su questi capitoli sia solo spesa, così come sulle infrastrutture: alimenti poi un indotto anche nel privato. E così è con le pensioni: lavoriamo sulla flessibilità in uscita, a partire dai lavori usuranti. Se permetti ai più anziani di lasciare il loro posto, crei spazio per i giovani.

Le imprese però chiedono di investire molto sul salario di produttività. Ha senso farlo con la disoccupazione ancora alta?

Non credo che si debba fare una guerra tra pubblico e privato: apriamo un confronto con le parti sociali. Ricordo che Cgil, Cisl e Uil hanno presentato un documento sulla contrattazione molto importante. C’è un altro tema che nel Pd cerco di spingere, e che non deve essere lasciato ai Cinquestelle: il reddito di dignità. Lo abbiamo già in regioni come Puglia, Basilicata, Friuli Venezia Giulia, e una legge ha fatto un primo passaggio in Parlamento. Lavoriamoci: lo hanno fatto i laburisti in Gran Bretagna, i socialdemocratici in Germania, i socialisti in Francia, manca solo la sinistra italiana.

Però tra investimenti pubblici e privati, pensioni e pubblico impiego, se aggiungiamo anche il reddito di dignità a quanto dovrebbe ammontare la manovra?

Non tutti questi temi toccati devono, o meglio possono, essere risolti con una sola legge di Bilancio, per alcuni – come le pensioni e il reddito di dignità – si possono avviare dei percorsi da rafforzare nei prossimi anni. La priorità va agli investimenti nel welfare, nella scuola, nell’università e nella sanità. Anche perché, se siamo stati sconfitti alle amministrative, è perché la nostra gente, i giovani e le periferie, non ci hanno riconosciuto sui nodi economici e sociali. Il calo del consenso non si è giocato sulla legge elettorale, che pure è disastrosa, sul referendum o sulle alleanze. Abbiamo fatto alcune proposte riprese dal Nens che consentirebbero di recuperare alcune decine di miliardi di euro dall’evasione fiscale, il governo finora le ha solo sfiorate.

Però Renzi forse si è reso conto che ha bisogno di riguadagnare consensi, tanto che ha fatto marcia indietro sulle sue eventuali dimissioni in caso di vittoria del No al referendum.

Penso che il premier abbia sbagliato molto a personalizzare il voto al referendum, quindi è bene che adesso ci si concentri sul merito. Dobbiamo, come forze di sinistra, tornare a interpretare i bisogni dei ceti popolari, perché altrimenti, come già accade in Europa, questi cominceranno a considerare i rigurgiti nazionali e le forze populiste come più rispondenti ai propri problemi quotidiani.