«Se cambio io, non per questo cambia il mondo, ma qualcosa comincia a cambiare. Servono speranza e coraggio». Se hai vent’anni ne devi avere molto, oggi, di coraggio per sperare. Per sperare che il mondo cambi e ti restituisca il futuro che ti hanno tolto. Di ventenni ce n’erano moltissimi ieri a Cagliari tra le seimila persone che hanno riempito piazza Garibaldi in risposta all’appello alla mobilitazione lanciato dalle Sardine sarde.

L’appuntamento era per le 19, ma già da un’ora prima la folla ha cominciato a radunarsi attorno all’albero di Natale, un abete alto dieci metri e fiammeggiante di luci, allestito per le feste. Un flusso continuo: molti giovani, ma non solo. Una partecipazione larga, diffusa: tutte le età e tutti i ceti sociali. E lo stile che ormai è il tratto distintivo delle Sardine: niente slogan gridati, tanti cartelli colorati e ironici contro i veleni del razzismo e dell’intolleranza, musica e balli per esprimere la gioia di stare insieme, di uscire dal ghetto dell’immobilità, dalla paralisi della rassegnazione. «Se cambio io», appunto. Che vuol dire, innanzitutto, «se non mi faccio vincere dalla passività, se non mi lascio chiudere nel recinto di un individualismo che, alla fine, si rivela sterile, impotente».

E ALLORA SUI CARTELLI leggi: «Non siamo soli». Relazioni umane vere, dirette, non mediate dai social: «Le persone vengono prima degli account». Ancora più esplicito: «La piazza è parte del mondo reale, è lì che vogliamo tornare». E nel manifesto diffuso per preparare la mobilitazione di ieri trovi scritto: «Le azioni mosse da interessi sono rispettabili, quelle fondate su gratuità e generosità degne di ammirazione. Riconoscere negli occhi degli altri, in una piazza, i propri valori, è un fatto intimo e insieme rivoluzionario».

Ritorno alla piazza, dunque, come ritorno al mondo reale. Anche in Sardegna. In un’isola che ha la più alta dispersione scolastica in Italia, uno degli indici di disoccupazione più elevati, tassi di povertà da record, un esodo di giovani talenti fuori dei confini della regione spaventoso, i piccoli paesi delle zone interne che si spopolano, porzioni enormi di territorio occupate da servitù militari, una giunta di centrodestra al governo della Regione che si prepara a smantellare la legislazione di tutela ambientale sulle coste per dare mano libera all’edilizia e al turismo di rapina. Per sperare, ce ne vuole davvero tanto, di coraggio, in un posto così. Ma alle Sardine sarde il coraggio sembra non manchi. L’ottimismo della volontà supera il pessimismo della ragione.

Sì, Gramsci. L’autore dei Quaderni è citato sul sito Facebook «6000 Sardine Cagliari», cuore organizzativo della mobilitazione: «Agitatevi, perché avremo bisogno di tutto il nostro entusiasmo. Organizzatevi, perché avremo bisogno di tutta la nostra forza». Senza bandiere, i seimila di piazza Garibaldi, perché, dicono, «vogliamo essere inclusivi». Ma ciò non gli impedisce di citare Gramsci o di cantare, com’è accaduto ieri in apertura della manifestazione, «Bella ciao» e «Procurade ‘e moderare»: l’inno della Resistenza al nazifascimo e il canto dei rivoluzionari sardi che nei moti del 1973-74 cercarono (senza riuscirci) di fare come in Francia, di rovesciare, insieme al dominio sabaudo sull’isola, l’Ancien Regime.

SU UN ALTRO CARTELLO, l’articolo 1 della Carta: «L’Italia è una Repubblica democratica fondata sul lavoro. La sovranità appartiene al popolo, che la esercita nelle forme e nei limiti della Costituzione». E c’è anche, organizzata insieme con la diocesi, una raccolta di cibo da distribuire tra le famiglie cagliaritane povere, che sono centinaia.

BOLLONO tanti ingredienti nel pentolone delle Sardine. «Vogliamo ricostruire fiducia e rivendicare il senso stesso del fare politica come servizio a partire dalla partecipazione di ognuno di noi come persona». Il messaggio lanciato a Cagliari dalle Sardine – movimento parziale, fragilissimo e contraddittorio come tutti i movimenti – è quello di un richiamo, forte anche se fatto con modi gentili, a recuperare un rapporto vero, solido, non strumentale, tra valori e azione politica; il senso di un progetto, l’orizzonte di un futuro possibile. E se è vero che le Sardine si mobilitano contro la destra salviniana, è anche ad altri che la loro narrazione è rivolta. Altrimenti non citerebbero Gramsci, non ricorderebbero che la Repubblica è fondata sul lavoro e nemmeno canterebbero «Bella ciao».