Ad André Breton sarebbe piaciuto Vite straordinarie di uomini volanti (Sellerio, pp. 175, euro 13) di Errico Buonanno, libro fuori dalla forma-romanzo, manuale di volo dell’immaginazione. Buonanno nelle sue opere precedenti (Lotta di classe al terzo piano; Sarà vero) ci ha abituati alla commistione tra storia e invenzione, qui non inventa nulla, i fatti che riporta sono documentati, è il punto di vista a essere trasversale, fa sua la prospettiva degli uomini volanti, prendendone le difese, con raffinatezza, nella trama e nella ricerca linguistica. «Cronaca autentica delle avventure di un gruppo di eroi un po’ trasognati che fecero ciò che a noi riesce impossibile: decollarono», il libro racconta le vite di umani volanti che fino al Settecento si sono librati in volo, tra cui Teresa d’Avila, Simon Mago, San Filippo Neri. Il tutto avveniva prima del secolo della Ragione, quando si dimostrò l’impossibilità del volo e l’uomo divenne incapace della «sospensione volontaria dell’incredulità», teorizzata da Coleridge. Chi volava era mal tollerato se faceva parte della Chiesa, perseguitato se strega o benandante.

SINGOLARE è la storia di Giuseppe da Copertino, che intesse tutti i capitoli, frate che le cronache dell’epoca definiscono come «idioto», buona a nulla, ma che aveva la capacità di volare quando si emozionava – osservando la bellezza della natura o ascoltando la musica – veniva rapito e ballava «al soffitto al suono di zampogne».
Nel 1949, il grande Blaise Cendrars gli dedica Le Lotissement du ciel, «libro che zittì le critiche», non ancora tradotto in italiano. Nel 1976 è Carmelo Bene, visionario e salentino come San Giuseppe, a pubblicare la piéce A boccaperta, che non portò mai in scena. San Giuseppe, detto anche frate asino, «fuor da qualsivoglia cultura, de-pensa, si spensiera», sosteneva Bene, è leggero e vola. Nel 2017, è il filosofo e jazzista Massimo Donà a incidere Il Santo che vola (Abeat), un cd immaginifico

Ma fu nel 1700, in California, che un devoto di San Giuseppe, in onore del Santo, battezzò un ruscello Arroyo San José de Cupertino, che diede nome alla capitale della Silicon Valley, oggi emblema della leggerezza dei software, come notò «Sua Divina Grazia Italo Calvino» nel saggio sulla leggerezza in Lezioni americane. Potrebbe chiudersi qui il libro, e invece l’ultimo capitolo Appendice (la scia), è un’ulteriore prova di raffinatezza dell’autore con il racconto che passa da storie vere a storie letterarie, dallo schianto di Franz Reichelt, che nel 1912 provò a volare dalla Torre Eiffel, a Einstein e il concetto di gravità universale, ai voli di Peter Pan.

I CONCETTI di levitas e la gravitas che attraversano il libro arrivano a intrecciarsi: «questa storia è la fine di un sogno, travolto per sempre dalla realtà dei fatti. Ma è anche la prova che quel sogno non cessa, per chi con i soldi fa barchette di carta. Tra il mondo reale e il mondo poetico, la differenza è nelle ali, nel volo». La locuzione latina verba volant, scripta manent assume nel libro di Buonanno significato molteplice.