La commissione per le attività produttive della regione Abruzzo ha approvato – il 22 novembre – una risoluzione che chiede ai Laboratori di fisica del Gran Sasso di bloccare l’esperimento Sox (da «Short distance neutrino Oscillations with boreXino»).

L’esperimento, in realtà, non è ancora iniziato: per scatenare l’opposizione del Movimento 5 Stelle è bastato il test di trasporto di uno dei componenti dell’esperimento, una sorgente di neutrini prodotta in Russia che dovrà essere trasferita al Gran Sasso. La ricerca durerà circa un anno e mezzo, secondo il progetto dell’Istituto nazionale di fisica nucleare (Infn) e coinvolge il Centro per l’energia atomica francese, l’università di Princeton, i gloriosi istituti russi di fisica nucleare e un’altra dozzina di università e enti di ricerca internazionali.

LA SORGENTE DI NEUTRINI, costituita da quaranta grammi di cerio radioattivo, sarà collocata vicino al rilevatore Borexino (da «Boron Solar Neutrino Experiment»). Sotto 1400 metri di roccia che lo schermano dai raggi cosmici, si tratta dello strumento più sensibile al mondo nella rilevazione dei neutrini, particelle velocissime, leggerissime e innocue prodotte all’interno delle stelle e nelle sostanze radioattive. Grazie a Borexino si sono potute studiare le fusioni nucleari che accendono il Sole con un dettaglio altrimenti inaccessibile. L’esperimento Sox utilizzerà Borexino per indagare le caratteristiche dei neutrini generati dal cerio.

Dopo gli studi di Bruno Pontecorvo negli anni ’60, i fisici ritengono che i neutrini si presentino in tre tipologie. Analizzando quelli emessi dalla sorgente si potrebbe scoprire una quarta «famiglia» non prevista dalla teoria ma di cui esistono indizi sperimentali. Sarebbe una rivoluzione nella fisica delle particelle elementari.

L’uso di una sorgente radioattiva ha drizzato le orecchie ai movimenti ambientalisti abruzzesi. Oltre ai neutrini, la sorgente emette una quantità di raggi gamma potenzialmente dannosi per la salute e va dunque trattata con la massima cautela. Schermare i raggi gamma è indispensabile anche per gli scienziati, perché la loro presenza inquinerebbe la rilevazione dei neutrini.

TRA I PIÙ ATTIVI oppositori a Sox c’è il Forum abruzzese dei movimenti per l’acqua. I laboratori sono vicini alla falda acquifera e dai punti di captazione più prossimi proviene il 10% dell’acqua potabile del Gran Sasso. I comitati temono che le sostanze radioattive inquinino l’acqua utilizzata da settecentomila abruzzesi. Già nel 2002 dai laboratori fuoriuscì per errore il trimetilbenzene, un idrocarburo utilizzato nel rilevatore BoreXino, provocando lo stato di emergenza idrica nel territorio e la revisione delle procedure. Nel 2016, il sistema di monitoraggio rilevò una concentrazione anomala di diclorometano, utilizzato per la pulizia delle apparecchiature. In entrambi i casi, tuttavia, non ci fu un pericolo diretto per la popolazione. Gli attivisti ora mettono in discussione i test di sicurezza effettuati sulla sorgente di cerio e il suo posizionamento. La polvere radioattiva arriverà impacchettata in una doppia capsula di acciaio rivestita da uno scudo di tungsteno spesso 19 cm e del peso di 2,4 tonnellate.

NON BASTA A RASSICURARE il portavoce del forum H2O Augusto De Sanctis, ex-coordinatore locale del Wwf e oggi consulente del Movimento 5 Stelle locale. «Il contenitore ha un coperchio, dunque si può aprire e bisogna considerare ogni scenario. Anche quello terroristico, per quanto improbabile. Qualche anno fa un pilota di linea non si è forse schiantato volontariamente contro una montagna? Inoltre, siamo in una zona ad alta sismicità. Non si può parlare di rischio zero. L’emissione radioattiva del cerio è paragonabile a quella rilevata in mare dopo il disastro di Fukushima». Ma c’è anche una questione di legalità, secondo De Sanctis: «La legge sullo stoccaggio dei materiali radioattivi prevede una zona di rispetto intorno ai punti di captazione idrica. Quando richiese le autorizzazioni l’Infn non menzionò le fonti nel progetto, sapendo che avrebbe violato le norme».

SECONDO MARCO PALLAVICINI, invece, fisico responsabile dell’esperimento, la capsula risponde a standard internazionali rigorosi: «è un cilindro alto 40 cm in grado di resistere a temperature di 1500°C, impatti, incendi, allagamenti e terremoti». Anche il «coperchio» di cui si parla è un falso problema: «È un blocco di tungsteno da 500 kg apribile solo con strumenti che non saranno portati in Italia». La sorgente non può esplodere né dev’essere azionata o controllata, quindi non è soggetta a errore umano. «Ha la potenza termica di un ferro da stiro», non il miliardo di watt di un reattore nucleare. «La presenza della falda acquifera non è un problema perché la legge si riferisce allo stoccaggio di sostanze radioattive, non a una sorgente di cerio utilizzata temporaneamente nel laboratorio e poi inviata altrove. Le amministrazioni locali, che ovviamente conoscono la falda, hanno giustamente valutato l’assenza dei rischi».

Riguardo al terremoto, «quello che ha distrutto L’Aquila non ha causato alcun danno al laboratorio perché tutte le sue strutture sono antisismiche. Purtroppo per la città ne abbiamo la prova provata», spiega. Si può parlare di rischio zero, allora? «Qualunque attività umana comporta rischi – risponde Pallavicini – la scienza li analizza e considerare un’attività sicura se la probabilità che accada qualcosa di negativo è sufficientemente bassa, molto meno di una volta nel corso di secoli. Sox è molto più che sicuro».

ANCHE SE LA RISOLUZIONE di una commissione non ha effetti immediati, la realizzazione dell’esperimento ora è in dubbio. «Non faremo battaglie legali per imporre le nostre ricerche a tutti i costi, se la regione rifiuterà l’esperimento». Se saltasse il progetto Sox, mandando in fumo un finanziamento internazionale da sei milioni di euro, verrebbe meno la credibilità scientifica del più importante centro di ricerca sotterraneo al mondo. Sarebbe difficile attrarre investimenti per la ricerca in un contesto che inevitabilmente apparirebbe ostile alla ricerca. «Mi dispiacerebbe per le decine di giovani ricercatori che non raccoglierebbero i frutti di sei anni di lavoro».

È possibile una mediazione? Sia i comitati che gli scienziati concordano che parlare di «rischio zero» non abbia senso. Paradossalmente, è questa comune certezza a rendere inconciliabili le posizioni. De Sanctis lo afferma chiaramente: «Nessuna misura di sicurezza ci farebbe cambiare idea».

Ma se il rischio zero è solo un’ipotesi teorica, chi decide quale soglia di pericolo sia accettabile? Non i cittadini per alzata di mano, perché servono competenze alla portata di pochi. E nemmeno gli scienziati, perché sarebbero in conflitto di interessi. Perfino la legge può essere interpretata. Per valutare gli scenari occorre il calcolo delle probabilità, che si parli di radioattività, terremoti o vaccini. Su questo terreno salta puntualmente la dialettica tra società, scienza e istituzioni. Il linguaggio della scienza, che dovrebbe aiutare a confrontare ipotesi alternative, diventa invece motivo di incomunicabilità tra le parti. Entrano in campo fattori culturali profondi: l’istruzione scientifica diffusa, la capacità di dialogo degli scienziati, la demonizzazione o la spettacolarizzazione della scienza da parte dei media, il mercato della paura su cui specula la politica.

PER DE SANCTIS il problema non si pone: «Qui non c’è una mentalità anti-scientifica, siamo orgogliosi di ospitare i laboratori del Gran Sasso dove vengono realizzate decine di esperimenti, oltre a Sox. Però siamo per una scienza consapevole che stia con i cittadini e che rispetti la legge».

Pallavicini, che presiede anche il Festival della Scienza di Genova, uno dei principali appuntamenti nazionali per la divulgazione, è più pessimista: «Da noi un giudice può ordinare a un medico di iniettare cellule staminali fuori da ogni metodo scientifico, com’è avvenuto nel caso Stamina».

Ma se le cose hanno preso questa piega è anche responsabilità degli scienziati. «Al Gran Sasso avremmo dovuto iniziare a comunicare con la cittadinanza ancor prima di iniziare i test», riconosce il fisico. «È persino circolata la bufala che stessimo compiendo esperimenti segreti. Dobbiamo metterci in gioco e impegnarci direttamente, raccontando senza paura la ricerca per quello che è».