Sotto la tenda dell’avanguardia (ed. Titivillus) è il bel titolo del libro di Pippo Di Marca sull’evoluzione dell’avanguardia teatrale dal 1959 al 2012 che consiglio di adottare come testo agli studenti di storia del teatro.

Si tratta , dunque, di percorrere ben 53 anni della nostra cultura, attraverso una lente “sperimentale” che inquadra, probabilmente, il meglio del “prodotto intellettuale e artistico” del paese. L’impresa è notevolissima, la scrittura agile e intensa, il “viaggio” avventuroso alla scoperta di sentieri-linguaggi che s’incrociano, intersecano o corrono paralleli. Un testo appassionante e scorrevole, il racconto di un vissuto, personale e collettivo, avvolgente come la grande tenda del titolo che molti di noi del teatro contemporaneo, me compresa, coinvolse e unì nell’avventura. Il libro ha quattro numi tutelari: Leo de Berardinis e Carmelo Bene (storici amici e sodali) ai quali è dedicato “In memoriam.

A Leo de Berardinis, in primis, a Carmelo, insieme a tutti quelli che sotto e per la tenda sono passati e trapassati; e, tra i vivi, a quelli che dimenticano facilmente.” e Franco Quadri e Giuseppe Bartolucci, entrambi “critici militanti”, inventori e organizzatori di festival, rassegne, premi, case editrici, senza i quali questa storia non si sarebbe potuta scrivere. Quadri in particolare il libro l’avrebbe voluto pubblicare con UBU libri, ma non ne ebbe il tempo; Pippo racconta che quando lo incontrò fu proprio Franco a proporgli di raccontare la storia complessiva, e non solo la sua , “te lo pubblico se parli di tutti”.

Chi meglio di lui avrebbe potuto farlo? Infatti Di Marca il teatro d’avanguardia l’ha conosciuto e praticato da sempre, da quando vide, nel 1959 al Teatro delle Arti di Roma un “giovane semisconosciuto salentino con ogni evidenza già in odore di maledettismo” tale Carmelo Bene , debuttare nel Caligola di Camus. Al tempo la scena teatrale era dominata da figure come Streheler, Visconti, Gassman, Squarzina che furono sfidati “dall’uomo di Campi Salentina apparso come una Madonna blasfema alla serva Italia”. “…cominciava un nuovo periodo per il teatro italiano, una svolta radicale, un modo diverso, per molti aspetti sconvolgente, a tratti barbaro, devastante, di pensare e praticare l’arte scenica”.

Perché, come scrive Pippo Di Marca, in quegli anni, molti artisti, non solo di teatro, scrittori e poeti, musicisti e pittori, danzatori, cineasti e filosofi hanno seriamente creduto “che si poteva cambiare il mondo,la società, l’arte, la nostra vita, il teatro..che l’immaginazione potesse andare al potere, che fosse nostro il sentimento utopico di Majakovskij: il mondo non è attrezzato per la bellezza, bisogna strappare la gioia ai giorni futuri”.

Nel libro tutta l’attività teatrale di Pippo Di Marca viene ripercorsa , con interessanti note di regia e riflessioni, e s’intreccia col contemporaneo circostante, i mutamenti politici e teorici, il teatro povero, il teatro immagine , la performance, la post-avanguardia, la trans-avanguardia, il ritorno al testo, e poi tutti gli incontri e gli scontri fondamentali da Renato Nicolini a Edoardo Sanguineti, da Gadda al Gruppo 63, Quartucci col suo camion e Leo e Perla nella processione a Marigliano; ogni tanto s’incappa nella descrizione dei molti tentativi, spesso vani, di riformare le leggi sul teatro, più spesso dalle pagine escono, vivaci e pronti a difendere idee e contraddittori umori, i molti compagni di strada che ci hanno lasciato, e poi, naturalmente, ci sono i resistenti, i sopravvissuti e i giovani.

Per quel che lo riguarda Pippo va avanti come un treno ad aprile sarà al Circolo dei lettori nella stagione dello Stabile di Torino con “La linea spezzata della tempesta” di Bolano e nel frattempo va avanti il progetto “Commodius vicus of recirculation “ un excursus su tutta la poesia occidentale da Villon a Bolano nel segno di Joyce ( in particolare Finnegans Wakes).