Il decreto Sostegni arriverà davvero oggi e sarà allo stesso tempo massiccio e insufficiente. L’indennizzo a fondo perduto, con stanziamento di 11 miliardi, sarà esteso alle imprese fino a 10 milioni di fatturato, dunque una platea molto più vasta di quella precedente che includerà anche 800mila professionisti, startup e imprese neonate. I rimborsi saranno versati direttamente sui conti correnti, nelle intenzioni del governo dal 10 al 30 aprile. Per accedere agli indennizzi bisognerà aver perso nel 2020 almeno il 30% del fatturato, valutato sulla media delle perdite mensili ma senza più fare ricorso ai codici Ateco e considerando la perdita sull’intero anno.

NON SARANNO AIUTI uguali per tutti. Il criterio adottato è sostenere maggiormente le imprese più piccole e con fatturato più basso. Sono state indicate cinque fasce: la prima, con fatturato fino a 100mila euro, riceverà un indennizzo pari al 60% della perdita, l’ultima, per le aziende che fatturano tra i 5 e i 10 miliardi, del 20%.

Il Reddito di cittadinanza sarà rifinanziato con un miliardo, il Reddito di emergenza prorogato di due mesi con l’aggiunta di un sostegno ulteriore per l’affitto, le casse integrazione ordinarie e straordinarie prorogate per tutto l’anno. E tuttavia anche uno sforzo di simile portata, essendo stato pensato quando si prevedeva che l’emergenza non sarebbe arrivata oltre i primi mesi di quest’anno, è insufficiente. «Si tratta – spiega infatti la sottosegretaria all’Economia Cecilia Guerra – di un intervento molto importante ma, nella situazione peggiore delle previsioni che si è creata, bisognerà fare subito un nuovo sforzo anche per intervenire su alcuni punti fondamentali: c’è un’esigenza di perequazione per le imprese che hanno ricevuto sussidi inferiori al dovuto e c’è la necessità di intervenire sui costi fissi delle aziende in difficoltà, almeno con il credito di imposta per gli affitti. Altrimenti molte di quelle aziende chiuderanno. È anche importante intervenire di nuovo a favore delle imprese più grandi e con costi maggiori». Il governo sarebbe intenzionato a impegnarsi sia sulle perequazioni che sul credito di imposta, nodi che dovrebbero essere sciolti con il decreto che seguirà il prossimo scostamento di bilancio, in aprile.

QUANDO, IERI, nel vertice dei capigruppo di maggioranza con il ministro dell’Economia Daniele Franco è stata posta la domanda più delicata, quella sulla cancellazione delle cartelle esattoriali sino a 5 mila euro dal 2000 al 2015 che i sindacati e LeU considerano «un condono di fatto», il ministro ha glissato. La decisione sarà presa solo oggi. La sensazione generale è che né a lui né al premier Draghi piaccia molto l’idea di esordire prestandosi all’accusa di aver varato l’ennesimo condono. Ma il 90% del parlamento è invece favorevole e anzi molti, in particolare i 5 Stelle, avrebbero voluto un tetto molto più alto, sino a 10mila euro. L’ipotesi di abbassare ulteriormente quel tetto, portandolo a 3mila euro, significherebbe ridurre di molto l’area interessata. Resta in campo la richiesta di un intervento più selettivo, cioè tale da riguardare solo le cartelle davvero inesigibili ma la viceministra dell’Economia Laura Castelli, negando che si possa anche solo parlare di condono, ha assicurato ieri che rappresentano il 91% del totale.

IL SECONDO PUNTO in sospeso riguarda il blocco dei licenziamenti. Il Piano del ministro del Lavoro intende estenderlo per tutti sino al 30 giugno, e su questo non ci sono dissensi o dubbi di sorta. Dopo quella data il progetto di Andrea Orlando prevede invece l’introduzione della selettività, prorogando il blocco sino al 30 ottobre per le aziende che non hanno ammortizzatori. I sindacati però insistono per allungare la proroga per tutti mentre, sul fronte opposto, la Lega chiede di rivedere i criteri di selettività in senso più restrittivo. Anche in questo caso, a sciogliere il nodo sarà il consiglio dei ministri, convocato per le 15.

AL TERMINE SARÀ il presidente del consiglio, affiancato dal ministro dell’Economia, a illustrare il decreto rispondendo poi alle domande de giornalisti. Per Mario Draghi la conferenza stampa sarà il battesimo del fuoco ed è probabile dunque che gli argomenti trattati si allarghino sino ad abbracciare almeno la politica economica che il nuovo premier ha in mente.