Stop alle visite ambulatoriali non urgenti e ai ricoveri procrastinabili. Una storia che, in Piemonte, si ripete. In piena terza ondata, la Regione corre nuovamente ai ripari e riprogramma le attività ospedaliere. Lo fa attraverso una disposizione del Dirmei (il Dipartimento interaziendale malattie ed emergenze infettive, istituito lo scorso luglio), che ridistribuisce il personale sanitario per destinarlo all’assistenza dei pazienti Covid. Restano attivi i ricoveri in regime di urgenza e quelli oncologici. Nella circolare si invitano, inoltre, i direttori delle aziende sanitarie regionali a «sviluppare le attività di gestione dei pazienti Covid a domicilio».

Non è la prima volta che dall’inizio dell’emergenza vengono sospesi visite e ricoveri non urgenti, anche per questo motivo le liste d’attesa sono diventate ormai infinite a beneficio dei privati. Le preoccupazioni maggiori, ora, riguardano le ripercussioni sulla cura delle altre patologie, che nella prima ondata furono marcate. E soprattutto si teme che il sistema possa di nuovo fare acqua.

L’allarme lo lancia l’Anaao Assomed, l’associazione sindacale di medici e dirigenti sanitari: «A breve pronto soccorso e ospedali saranno al collasso. E mentre sono ancora vive le penose immagini dei letti allestiti nella chiesa dell’ospedale San Luigi di Orbassano, l’unica soluzione indicata dal Dirmei è quella di destinare tutti i medici ospedalieri alla gestione dei pazienti Covid positivi, rimandando ancora le visite e interventi degli altri malati cronici. Quando la pandemia sarà sotto controllo, il sistema sanitario dovrà affrontare il dramma delle patologie non Covid trascurate».

L’associazione chiede, infine, l’urgente riapertura dell’ospedale temporaneo del Padiglione V di Torino Esposizioni nel Parco del Valentino, aperto con esiti contrastanti durante la seconda ondata. Per l’Anaao Assomed è l’unico modo «per riuscire ad assistere tutti i pazienti che a brevissimo non troveranno adeguata sistemazione negli ospedali».

I numeri rivelano, infatti, come da giorni la situazione in Piemonte sia in rapido peggioramento. «I contagi sono in rialzo dal 21 febbraio e da quel momento salgono costantemente con un tempo di raddoppio di 12 giorni e non ci sono segnali di rallentamento», sottolinea Alessandro Ferretti, fisico dell’Università di Torino che analizza i dati epidemiologici dall’inizio della pandemia. «Sono saliti anche i ricoveri ospedalieri, passati – precisa Ferretti – dai 1.870 agli attuali 2.260. E crescono anche le terapie intensive, da 7 ingressi al giorno di fine febbraio a una media di 13 al giorno. I contagi medi, d’altronde, sono raddoppiati: dai 755 al giorno del 20 febbraio a 1635 positivi (dati di ieri, ndr). Se andiamo avanti così, il picco di 4mila contagi della seconda ondata verrà raggiunto entro tre settimane».

La variante più diffusa è quella inglese ed è la responsabile dell’attuale escalation. Il ritmo non è eguale nelle varie provincie: la curva di Verbania la prima a salire in questa terza ondata, quella con il quadro più difficile, sta rallentando, mentre quella di Alessandria, più in ritardo rispetto ad altre, sta ora crescendo. Il colore del Piemonte è rimasto «arancione» – tranne 23 comuni già in rosso – ma rafforzato da alcune misure regionali.

Da lunedì scattano le chiusure delle scuole e da martedì quelle per le aree gioco nei parchi. Per quanto riguarda le scuole, sono state create due fasce di rischio: nella prima, più elevata, che riguarda 21 distretti sanitari delle province di Asti, Cuneo, Torino, Vercelli e Verbania per un totale di 646 comuni, tutti passano alla didattica a distanza tranne nidi e micronidi e l’attività scolastica per i disabili e dei laboratori. La Cgil invita le istituzioni a «supportare le famiglie con congedi di adeguata flessibilità, durata e remunerazione, in tutti in casi in cui si deve ricorrere alla dad per le scuole dell’infanzia primaria e secondaria di primo grado».

Intanto, il governatore Alberto Cirio si è rivolto al governo per chiedere «di anticipare il più possibile la valutazione settimanale», perché il report del venerdì sera per il lunedì non consente di dare il giusto preavviso e «rischia di sottostimare situazioni in cui sarebbe necessario agire sin da subito con misure più restrittive».