Serena Sorrentino, segretaria generale della Fp Cgil, si avvicina la presentazione della manovra. Per il rinnovo del contratti del settore pubblico si parla di uno stanziamento ulteriore di 400 milioni che porterebbe il totale a un miliardo e 600 milioni. Bastano a garantire gli 85 euro mensili promessi dal governo prima dell’estate senza mettere a rischio gli 80 euro di Renzi?

Lo abbiamo detto chiaro nel corso dell’ultimo incontro all’Aran. Per evitare la perdita di quel bonus, non si può attingere dalla cifra messa in conto, e ancora tutta da verificare al di là delle indiscrezioni circolate, per il rinnovo dei contratti pubblici, che le lavoratrici e i lavoratori attendono da oltre 8 anni. Servono risorse aggiuntive. Ma il tema, rispetto al quale il governo deve trovare una soluzione attraverso uno stanziamento specifico, è garantire a tutti i lavoratori pubblici lo stanziamento pattuito con l’accordo del 30 novembre scorso. Bisogna cioè garantire anche a chi è impegnato negli enti locali così come nella sanità lo stesso aumento, allo stesso tempo vanno garantite le risorse per il rinnovo del comparto sicurezza e soccorso. Il governo deve farsene carico. Gli 85 euro sono un punto centrale dell’accordo sottoscritto il 30 novembre e per quello che ci riguarda sono la condizione necessaria per concludere le trattative di un contratto che, vale la pena ripetere, i lavoratori attendono da troppi anni.

Le risorse stanziate potrebbero essere sottratte ad altri capitoli come le pensioni e i giovani. Come evitare questa contrapposizione?

Abbiamo sempre rifiutato la logica di contrapporre gli uni agli altri. I giovani contro gli anziani. I pubblici contro i privati. Andrebbe a riguardo ricordato come nel corso degli ultimi anni si siano spesi 40 miliardi di euro in incentivi a pioggia alle imprese registrando effetti risibili sull’occupazione. Questo è un paese che deve assumere il tema del lavoro come elemento centrale. Soltanto investendo sul lavoro – che per noi vuol dire riconoscere il valore delle lavoratrici e dei lavoratori – possiamo offrire una prospettiva di riscatto a tutti. Evitando di fomentare contrapposizioni utili solo a spaccare il paese.

Il contratto arriva dopo nove anni di blocco: un’era geologica. Oltre alla parte salariale cosa chiedete per rilanciare il ruolo dei lavoratori pubblici così bistrattati?

Oltre al giusto riconoscimento salariale per dipendenti in attesa da tanti, troppi anni, e a una effettiva valorizzazione dei lavoratori, chiediamo di riequilibrare il rapporto tra legge e contratto. Il ruolo attivo delle lavoratrici e dei lavoratori attraverso la contrattazione è il solo strumento per ammodernare e innovare la pubblica amministrazione e offrire sempre migliori servizi ai cittadini.

A Palermo è in corso la tre giorni della Funzione Pubblica Cgil «Effepiù 2017, il lavoro in piazza». Cosa è emerso e cosa volete far emergere?

Abbiamo portato letteralmente in piazza il lavoro dei servizi pubblici. Per mostrare, e allo stesso tempo confrontarci, il valore insostituibile del pubblico, dei beni pubblici, e di tutti coloro che sono impegnati a garantire quelli che sono i diritti di cittadinanza. Abbiamo scelto Palermo non a caso, perché capitale allo stesso tempo della cultura, il prossimo anno, e dell’accoglienza come dimostra la sua storia.

Voi siete molto critici con il ministro Franceschini per la sua riforma e il modo di gestire il settore della cultura.

La riforma Franceschini è stato un punto di rottura perché ha fatto saltare l’idea che bisogna partire da una funzione di tutela dei beni culturali. Non ha visto la nostra condivisione e non ha mai interloquito con i sindacati.

La vostra tre giorni arriva a una settimana dall’Assemblea generale della Cgil che si terrà a Lecce. Una sorta di conferenza programmatica in vista dell’autunno. Cosa possiamo attenderci?

L’Assemblea generale di Lecce sarà un momento di confronto per tutta l’organizzazione con attenzione particolare al Mezzogiorno. La sfida principale, in senso generale, che abbiamo davanti come confederazione è quella di ricomporre i diritti e lo strumento, sostenuto da milioni di firme raccolte in questi anni, è la Carta dei diritti universali del lavoro che chiediamo al Parlamento di discutere al più presto.