Così, la transizione ecologica – che suona liberatoria e densa di promesse future – nel nostro paese sarà a carico dei centri storici, dei siti archeologici e del paesaggio, bene comune immateriale su cui da anni si concentrano tutti gli attacchi possibili. E la parola semplificazione, che cancella l’odiosa burocrazia in vista della ripartenza sprint, quell’elefantiaco processo di atti e controatti che tiene sotto scacco l’Italia si trasforma in un escamotage per sganciarsi dagli «orpelli» che ancorano saldamente al territorio il patrimonio culturale e ne sorvegliano la longevità, difendendo memoria e sua trasmissione.
L’idea di una Soprintendenza speciale unica con super poteri per bypassare le «cugine Cenerentole» locali, che dovrebbe essere istituita «per sveltire le autorizzazioni», crea un brutto precedente e va nella direzione auspicata fin dai tempi renziani: allentare quei fastidiosi legacci della tutela e indebolire i pareri negativi dei dirigenti preposti lì dove si ritiene sia utile procedere, a dispetto di tutto e con una logica mercantile che però tende a scaricarsi la coscienza perseguendo la green economy e, perché no, anche la «Netflix della cultura». Il ministro Franceschini ha assicurato che l’articolo 9 della Costituzione detta legge in materia (pure morale), ma ha anche affermato che sta lavorando a norme che ritiene «coraggiose» per le novità che contengono.
L’accerchiamento delle norme contenute nel Codice dei beni culturali è dunque doppio: da una parte, attraverso la Soprintendenza unica che esautora e scavalca tutti e dall’altra, con l’immissione al Mic di un buon numero di dirigenti di fascia II, di nomina politica (non per formazione o concorsi): stanno andando a prendere i posti vacanti di addetti in pensione, mai sostituiti. Così, l’endemica carenza di personale tecnico non più assunto (va considerato il fatto che, nel Mic invece di snellirsi si sono moltiplicate a pioggia le direzioni) diventa il fertilissimo terreno per mettere radici con propri uomini e donne governativi/e, mentre la regola del silenzio/assenso si riduce da 45 a 30 giorni. Il commissariamento della tutela è servito.